"Molto probabilmente, le nuove politiche" dell'Ue in materia di finanza sostenibile sarebbero state utili per "impedire potenziali casi di greenwashing, come nella vicenda Dws". Lo affermano fonti della Commissione europea a commento delle due notizie che a fine agosto hanno incrinato la narrativa delle magnifiche sorti e progressive dei fondi Esg (Environmental, Social and Governance) sul clima, arrivati a un valore totale di 1.700 miliardi di dollari nel solo 2020.
A fine agosto un'analisi della Ong Influence Map mostrava che il 71% dei fondi ESG sul mercato non sono allineati all’accordo di Parigi. Poi, le autorità americane e tedesche hanno iniziato un'indagine su Dws, società di asset management controllata da Deutsche Bank, accusata di usare parametri non credibili nella definizione dei suoi investimenti verdi e di vendere come sostenibili prodotti finanziari che non lo sono. In una parola: greenwashing.
Due notizie che, secondo Bruxelles, non fanno altro che confermare l'urgenza di criteri trasparenti e condivisi nel settore. Anche perché se crollasse la credibilità degli Esg, potrebbero risentirne anche gli investimenti privati necessari alla transizione ecologica. Che gli Esg siano tuttora - e nonostante il loro successo - circondati da opacità che ne compromettono un uso più esteso lo conferma anche un rapporto scritto da BlackRock per la Commissione.
Secondo lo studio, per accelerare l'integrazione dei fondi per la sostenibilità nella gestione del rischio, nelle strategie aziendali e nella vigilanza delle banche, sono "particolarmente necessari" miglioramenti di definizioni, metodologie di misurazione e indicatori quantitativi. Insomma, servono gli standard comuni sugli investimenti verdi su cui l'Ue sta lavorando da anni.
Mentre lo scontro tra gas e nucleare andrà risolto a livello politico, la Commissione rilancia sulla normativa tecnica: "completeremo la tassonomia per i restanti quattro obiettivi ambientali – acqua, economia circolare, prevenzione dell'inquinamento e biodiversità – nel 2022 con una serie chiara di criteri e soglie di prestazione ambientale da rispettare rigorosamente per presentare dichiarazioni di sostenibilità per le finanziarie e i prodotti di investimento", spiegano da Palazzo Berlaymont.
Dall'anno prossimo dovrebbero iniziare a vedersi gli effetti della rivoluzione sulle informative, da quella sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari che si applica da marzo, ai report di sostenibilità aziendale. A queste si aggiungono due atti delegati. Il primo che specifica il contenuto, la metodologia e la presentazione delle informazioni che le imprese finanziarie e non finanziarie devono divulgare in merito alla proporzione di attività economiche ecosostenibili nelle loro attività, investimenti o attività di prestito. Il secondo atto delegato impone obblighi specifici alle imprese e ai prodotti di investimento sull'integrazione di fattori di sostenibilità, rischi e preferenze dei beneficiari.
Infine, altri strumenti del mercato degli investimenti "come il regolamento sui benchmark dell'Ue e l'estensione dell'Ecolabel dell'Ue ai prodotti finanziari, aiuterebbero a inquadrare strumenti basati sul mercato e garantire soglie minime sufficientemente forti per etichettare un prodotto finanziario come Esg", spiegano dalla Commissione. "Molto probabilmente, queste nuove politiche avrebbero impedito potenziali casi di greenwashing, come nella vicenda Dws".
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