"Riconosci il problema, non scaricarlo" e "innova il business, non solo la tecnologia". Sono le due parole d'ordine su cui si basa il rapporto del Climate Group per aiutare le aziende a costruire una "transizione intelligente", anche dal punto di vista commerciale.
L'organizzazione no profit che dal 2004 lavora con governi e imprese sui temi del cambiamento climatico ha costruito il documento partendo dalle esperienze dirette di grandi aziende di tutti i settori, dall'agroalimentare all'automotive, dalle costruzioni al big tech. "Nel nostro network – spiega il direttore delle partnership aziendali del Climate Group Mike Peirce – abbiamo realtà di tutti i tipi, alcuni portano una nuova tecnologia, ma molti altri guardano a come possono usarla efficacemente, cioè a come quella tecnologia potrebbe arrivare sul mercato in modo efficace, per esempio riducendo i costi o cercando clienti che non fanno parte del loro target tradizionale".
Come nel caso, dice Peirce, dell'alleanza tra Volvo Group e SSAB su ricerca, sviluppo, produzione in serie e commercializzazione dei primi veicoli al mondo realizzati in acciaio verde. "Oppure la proposta di IKEA proposta di progettare prodotti da riutilizzare, riparare, rivendere e riciclare". "Sono tutte cose – conclude – che non richiedono solo innovazione in termini di tecnologia, ma anche di organizzazione, clientela e commercializzazione".
Lunedì a New York il Climate Group inaugura la Settimana del Clima, con relatori come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, l'ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore e il presidente della prossima COP26 di Glasgow Alok Sharma. Sarà l'occasione per fare il punto su come il settore privato e pubblico si stanno preparando all'appuntamento di Glasgow. "La COP cruciale del decennio cruciale per il clima", la definisce Peirce.
"Dal nostro punto di osservazione c'è da essere più ottimisti di un anno fa – racconta – perché vediamo che sta prendendo forma un circolo virtuoso tra governi e aziende, ma ciò non elimina la complessità di un negoziato internazionale".
Secondo Peirce, i punti più delicati saranno "temi come il fondo da cento miliardi l'anno per i paesi a basso reddito, l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili, il carbon pricing e rendere obbligatorie per le aziende le informative finanziarie relative al clima".
"A mio avviso – prosegue – il fatto che ci siano paesi ricchi con tanti vaccinati e dei paesi più poveri con molti meno e questo può influenzare sia la partecipazione fisica alla COP, sia il grado di fiducia tra Stati che un grande accordo, stile Parigi 2015, richiederebbe". Su questo tema, conclude Peirce "si avverte chiaramente una sensibilità particolare".
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