L'impatto macroeconomico del meccanismo di adeguamento del prezzo del carbonio alle frontiere, o carbon tax alle frontiere o, ancora, CBAM secondo l’acronimo Ue, sarà modesto, ma i benefici di carattere ambientale potrebbero essere "sostanziali".
Sono le conclusioni di un documento dell’Università di Cambridge sulla misura che fa parte del pacchetto clima Ue e che ha l'obiettivo di proteggere l'industria Ue facendo pagare ad alcuni prodotti importati il prezzo della CO2 in essi contenuta, allineandolo alle quotazioni dell'Ets. Secondo il modello su cui si basa lo studio, l'introduzione di un CBAM nell'Ue potrebbe portare a un aumento del Pil Ue molto piccolo. Sarebbe nell’ordine dello 0,2% entro il 2030 e dello 0,4% entro il 2050 - meno di quanto previsto dalla Commissione europea nella sua analisi di impatto - con la creazione di 600mila nuovi posti di lavoro. Ma le emissioni globali totali diminuirebbero, soprattutto se altri paesi seguissero l'esempio Ue.
Tra i rischi maggiori, c’è che il CBAM potrebbe essere interpretato dai partner commerciali come una misura ostile, generando una raffica di ritorsioni. Ma, conclude il rapporto, "in un mondo globalizzato in cui un'azione ambiziosa sul clima è diventata sempre più importante ma anche altamente politicizzata, le CBAM potrebbero essere una politica il cui momento è giunto".
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