La leadership di Mario Draghi, la presidenza italiana del G20 e la co-presidenza della COP26, tappa cruciale per l'azione climatica. Il nostro paesie "ha un’opportunità storica per dare un contributo" a "facendo passi concreti" per ridurre le emissioni e molto altro. A parlare è Chiara Martinelli, nuova direttrice del Climate Action Network Europa, che riunisce oltre 170 Ong da 38 paesi.
"Il premier Draghi in occasione di diversi summit è stato applaudito per gli impegni presi – dice – anche da organizzazioni come la nostra e il tema del clima oggi in Italia è molto più presente che nel passato". Ma proprio perché l'Italia ha la presidenza del G20 e la co-presidenza della COP26 "le parole non bastano, c’è bisogno di vedere qualche passo concreto", aggiunge. Come "la revisione del Piano nazionale energia e clima, per aumentare l'ambizione in fatto di riduzione delle emissioni, finire di pagare la quota italiana del fondo da 100 miliardi di dollari per i paesi poveri, ne dobbiamo ancora quasi tre, oppure la nomina di un inviato speciale per il clima".
La COP di Glasgow, dice Martinelli all’ANSA, è "sempre stata considerata una pietra miliare, lo era anche l’anno scorso, quando è stata rinviata per la pandemia". Per non sprecare l’occasione, sottolinea Martinelli, vanno affrontate cinque questioni. "In primo luogo - prosegue - la finanza per clima", intesa sia come mobilitazione di risorse pubbliche e private su scala globale, sia come necessità di completare il fondo da 100 miliardi di dollari che i paesi ricchi avrebbero dovuto creare (dal 2009) per aiutare quelli poveri.
L'Europa vanta il finanziamento più alto, 25 miliardi, ma "c’è una responsabilità storica verso i paesi più poveri da parte di Europa e Stati Uniti e ci aspettiamo novità anche dal G20 – spiega – ognuno deve fare la sua parte subito e si dovrebbe iniziare a discutere il piano finanziario dopo il 2025".
Il "secondo punto importante per noi sono le regole di attuazione dell'Accordo di Parigi, e il dossier adattamento per dare le risposte immediate che servono alle comunità vulnerabili", minacciate già oggi dai cambiamenti climatici. Terzo punto, aumentare il taglio delle emissioni. "Chiediamo – scandisce – all'Ue di andare oltre l'impegno preso del 55% di riduzione entro il 2030, verso il 65%, secondo quanto ci dice l’evidenza scientifica".
"Quarto punto, consegnare i combustibili fossili alla storia, con la fine degli investimenti internazionali", dice Martinelli. Il quinto punto, forse il più importante per le organizzazioni dal basso è "favorire più inclusione, cioè ripensare l'architettura dei negoziati sul clima in modo da garantire un processo più equo e democratico".
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