Considerate le tendenze in atto nell'economia globale, investire in nuove infrastrutture ad alto contenuto di carbonio è già "troppo rischioso". E' la conclusione dello studio The Paris Effect - COP26 Edition, curato dalla società di consulenza sulla sostenibilità Systemiq.
L'economia, è l'analisi, premia sempre di più le attività legate alla decarbonizzazione e penalizza le altre. Systemiq basa le conclusioni del rapporto guardando ai costi di indebitamento per gli sviluppi petroliferi a ciclo lungo che sono ora superiori al 20%, rispetto al 3-5% per gli investimenti in energia rinnovabile, fenomeno che - si legge nel documento - "è equivalente a una carbon tax di 80 dollari la tonnellata, e determina l'inizio di una svolta negli investimenti energetici".
L'analisi indica che la forbice del costo del capitale per gli sviluppi degli idrocarburi rispetto alle rinnovabili si è ampliata di 10 punti percentuali negli ultimi 5 anni, a favore delle rinnovabili. I 131 paesi che sono ora impegnati a raggiungere gli obiettivi di zero netto, rappresentano il 73% delle emissioni mondiali, rispetto al 57% dello scorso anno e solo al 6% nel 2017. Le aziende stanno seguendo questi sviluppi, soprattutto le più grandi al mondo.
Nell'ultimo anno, ricordano gli autori del paper, oltre l'80% di tutta la nuova capacità di elettricità era rinnovabile, con il 91% proveniente da nuovi impianti solari ed eolici. Nel 2020, infine, le vendite di veicoli elettrici sono balzate a 3 milioni, ovvero il 4% del mercato globale, con 330 modelli completamente elettrici o ibridi ora disponibili.
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