Dopo Glasgow l'Ue rilancia sull'azione per il clima. "Stiamo chiedendo agli altri paesi di fare quello che facciamo noi e stiamo mostrando anche come si fa e senza la credibilità che questa nostra azione ci dà a livello internazionale non riusciremmo a convincere nessuno". Lo dice Mauro Petriccione, direttore generale clima della Commissione europea, italiano di spicco nella delegazione Ue a Glasgow. Negoziatore da vice-direttore commercio della Commissione di accordi bilaterali importanti come quello con il Giappone, è stato tra i salvatori del CETA (l'accordo con il Canada) nel 2016, quando la Vallonia voleva far saltare il trattato.
Nato a Taranto, laureato a Bari con un master alla LSE, in Commissione dal 1987, a Glasgow Petriccione è stato uno dei funzionari sempre al fianco di Frans Timmermans nel negoziato sul clima chiuso il 12 novembre. "Le Cop sono solo tappe di un processo – precisa – in questa si sono registrati una serie di impegni importanti". "Non tutti hanno una chiarezza limpida - aggiunge - ma se vengono mantenuti siamo in rotta per contenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi mentre sei mesi fa oscillavamo tra i 2,5 e i 3 gradi".
Anche se l’Europa emette solo il 9% dei gas serra a livello mondiale, "noi abbiamo interesse a guidare questo processo" dichiara Petriccione. Per due motivi. In primo luogo "perché se si ferma l’Europa, il processo globale potrebbe fermarsi, i cambiamenti climatici continuerebbero e noi saremo tra i più danneggiati dato il nostro sistema climatico fragile". In secondo luogo, "stiamo cercando di cambiare l’economia a nostro vantaggio". In più, "gli altri hanno cominciato ad imitarci".
L'aumento dei prezzi dell'energia sembra un argomento a favore di chi chiede di rallentare l’azione climatica Ue. "C’è una crisi, come ce ne sono state in passato e ce ne saranno altre - risponde il funzionario - ma per quanto tempo ancora vogliamo essere dipendenti da combustibili fossili che non abbiamo, che compriamo a caro prezzo su mercati internazionali incontrollabili o da paesi che non sono necessariamente i nostri migliori amici?". "La politica delle rinnovabili – dice Petriccione – l'abbiamo cominciata per motivi di sicurezza e indipendenza energetica e solo dopo ci si è resi conto di quanto fosse necessaria per combattere i cambiamenti climatici".
I prossimi passi dell'Ue saranno le nuove norme per l'efficienza degli edifici, attese per dicembre. "La direttiva esistente – spiega Petriccione – già prevede emissioni zero, la questione è dare più indicazioni di come arrivarci, sia ai paesi membri che ai cittadini europei, con strumenti per rendere le ristrutturazioni più accessibili". Dai calcoli della Commissione, "il 70% dei costi per la riqualificazione energetica spetterà ad enti pubblici, società commerciali e fasce sociali più abbienti". Quelli per cui "c’è bisogno di un aiuto diretto sono una minoranza". Insomma, "la gran parte dei proprietari e inquilini potrebbe permettersi e trarre vantaggio da una maggiore efficienza se solo gli si desse il credito e la conoscenza per farlo".
E poi c’è il nuovo ruolo delle compagnie del settore energia. Spesso non si riesce a essere più incisivi nell'azione per l'efficienza degli edifici, racconta Petriccione, perché "manca chi è disposto ad assumersi il rischio del finanziamento iniziale, ma in molte parti d'Europa le società energetiche hanno iniziato a farlo, ripagano gli investimenti con i risparmi sull’energia e si assicurano clienti per il loro business fondamentale". "Cercheremo - anticipa il Dg - di incoraggiare questi regimi o crearne di simili con la stessa finalità".
In Europa si assiste a un revival delle tecnologie per la cattura, lo stoccaggio e il riuso della CO2 (nota anche come CCUS). "Se guarda il nostro piano al 2030 – spiega Petriccione – la CCS non c’è perché la nostra traiettoria è basata su tecnologie sperimentate e disponibili in commercio". "Le auto elettriche esistono – è l’esempio – funzionano, e possono affermarsi con politiche di gestione del mercato non particolarmente innovative".
Ma per il lungo termine "siamo convinti che senza una componente CCUS sarà difficile arrivare a zero emissioni – dice il funzionario – anche se voglio ricordare che nell'analisi fatta nel 2018 quella componente è molto limitata e riferita a settori in cui è particolarmente difficile eliminare tutte le emissioni, come quello del cemento". Ma, prosegue "non si applica all'acciaio, in cui possiamo utilizzare altre tecnologie e ci sarà bisogno di CCUS per l'industria chimica".
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