La tassonomia e il mercato europeo della CO2 (Ets) restano argomenti divisivi per i leader europei, che per la seconda volta in meno di sei mesi non riescono a raggiungere l'unanimità quando si parla dei due argomenti. Per questo motivo la parte energia è stata stralciata nel documento conclusivo del vertice del 16 Dicembre. In un contesto esasperato dai prezzi che appaiono sempre più fuori controllo, il richiamo a un'adozione veloce dell'atto delegato sulla classificazione Ue degli investimenti verdi con il nucleare e il presunto ruolo della speculazione nell'Ets hanno fatto saltare il tavolo.
Se si parla di nucleare, paesi come Francia e Olanda vogliono accelerare e avere la garanzia che gli investimenti di Stato nel settore siano considerati verdi tout court. L'Eliseo ne fa questione di sicurezza energetica nazionale e il nuovo governo dell'Aia, ancora guidato da Mark Rutte, ha in programma di aprire nuove centrali. Altri, sopratutto la Germania e l'Austria, hanno respinto qualsiasi ipotesi di riferimento all'energia dell’atomo. Altri ancora, come Polonia, Romania e Repubblica ceca, volevano un riferimento al gas naturale, rigettato dagli olandesi. Un nodo di veti incrociati inestricabile per il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.
Quando la Francia e la Spagna hanno chiesto di menzionare nel testo la necessità di maggiori controlli per evitare speculazioni nell'Ets, speculazioni che per la Commissione europea continuano a non esistere, la Polonia ha alzato la posta tornando a chiedere di riformare radicalmente il sistema sulla scorta delle sue proposte (inserire nella ricerca il numero di documento 11766/20) dell'ottobre 2020: più risorse al fondo di modernizzazione, più permessi per i paesi in ritardo con la transizione (e meno per quelli avanzati), nuovo periodo di riferimento, dal 2005 al 2016-18.
"Dobbiamo chiedere una vera e profonda riforma del sistema ETS – ha sintetizzato in conferenza stampa il premier polacco Mateusz Morawiecki – la Commissione non ha ancora presentato una tassonomia e noi chiediamo regole amichevoli per il gas e il nucleare".
In teoria queste premesse non sono di buon auspicio per i negoziati sulle riforme chieste dalla Commissione per raggiungere il traguardo del 55% di emissioni in meno nel 2030 (rispetto al 1990). In pratica, però, il fatto che il Consiglio Europeo non trovi l'unanimità potrebbe lasciare più margine per l'azione legislativa al livello di Consiglio dei ministri dell'Ue, nelle configurazioni energia, ambiente e trasporti, in cui gli accordi si fanno a maggioranza.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA