Accelerare l'entrata a regime della carbon tax alle frontiere e lo smantellamento del sistema delle quote gratuite Ets, creare un'agenzia unica a livello Ue, usare i fondi per aiutare i paesi in via di sviluppo a decarbonizzare le loro economie. Sono le proposte, destinate a far discutere, del laburista olandese Mohammed Chahim sul meccanismo di aggiustamento del prezzo della CO2 ai confini Ue, noto anche come carbon tax alle frontiere. Chahim le ha messe nero su bianco nel testo che ha firmato da relatore dell’Europarlamento.
Il CBAM, gergo di Bruxelles, serve a proteggere le industrie Ue a rischio delocalizzazione, più o meno gli stessi settori che oggi sono tutelate dalle quote gratuite. Il meccanismo, nella versione propsta dalla Commissione, compie la sostituzione con molta gradualità. Nell'idea della Commissione, il CBAM diverrebbe pienamente operativo solo all'inizio del 2036. Chahim vuole anticipare di sette anni. Propone di abbreviare di un anno il periodo transitorio e di portarlo a termine il 31 dicembre 2024. Suggerisce inoltre un ritmo incrementale per l'introduzione graduale del sistema per tutti i settori ad eccezione del cemento. Verrà applicato un "fattore CBAM" che riduce l'allocazione gratuita per la produzione di questi prodotti. Il fattore CBAM sarà pari al 90% nel 2025, 70% nel 2026, 40% nel 2027 e raggiungerà lo 0% entro la fine del 2028. Nell'idea di Chahim il sistema dovrebbe essere pienamente operativo e alternativo alle quote gratuite dal 1° gennaio 2029.
Secondo Chahim, inoltre, il campo di applicazione della proposta va ampliato a coprire anche i prodotti chimici organici, l'idrogeno ei polimeri, nonché le emissioni indirette in tutti i settori coperti dal CBAM. Il 36enne nativo di Fez, in Marocco, chiede inoltre di tornare a uno dei piani originali della Commissione, cioè stabilire un'autorità centrale per garantire la corretta attuazione del regolamento CBAM, invece di 27 autorità competenti. Infine, secondo un altro emendamento introdotto dal relatore i proventi del sistema dovranno essere destinati almeno in parte a finanziare gli sforzi di decarbonizzazione dei paesi meno sviluppati.
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