La Commissione europea ha pubblicato la proposta di regolamento che stabilisce un tetto Ue al prezzo dell’elettricità, uno schema di riduzione obbligatoria della domanda e un contributo di solidarietà dai produttori di energia da fonti fossili. Il limite è al prezzo dell’elettricità prodotta da rinnovabili, nucleare e lignite, ed è fissato a 180 euro MWh. Gli operatori dovranno indirizzare i ricavi sopra quella soglia agli Stati che così finanzieranno misure-scudo contro il caro prezzi a protezione di cittadini e imprese. La Commissione propone inoltre di fissare un obiettivo di riduzione dei consumi elettrici di almeno il 10% al mese fino al 31 marzo. Il target mensile si declina in un 5% giornaliero nelle fasce orarie di picco. Il contributo di solidarietà del settore gas, petrolio e carbone si calcolerà sugli utili tassabili nell’anno fiscale 2022. Più precisamente, sulla porzione di utili superiori al 20% della media 2019-21. A questa base si applicherà un prelievo del 33%. L’atteso tetto al prezzo del gas non compare nella proposta.
"Faremo di tutto perché le misure siano approvate il 30 settembre nel Consiglio straordinario per l'energia", ha detto un portavoce della Commissione. Gli aspetti da definire prima o durante il Consiglio sono diversi. Come accaduto con il provvedimento per la riduzione della domanda di gas a luglio, “sappiamo che gli Stati vogliono il massimo della flessibilità”, racconta un funzionario della Commissione Ue. Molto probabilmente, ne avranno a sufficienza, molto probabilmente.
Il primo punto controverso è il taglio obbligatorio dei consumi. Ci sono Stati che lo vorrebbero volontario. C’è poi il rischio patchwork: il cap al prezzo Ue non sostituisce quelli nazionali. La Commissione europea ha già chiarito che il price cap di Spagna, Portogallo e Grecia potrà restare. Le stesse valutazioni sono in corso per il price cap francese e per quello ceco. Insomma, il price cap non sarebbe uniforme e per tutti, come invocato soprattutto dagli operatori dei settori soggetti alla misura.
Anche per quanto riguarda le risorse per lo scudo a tutela di famiglie e imprese, si annuncia grande eterogeneità. Ci sono Paesi che importano elettricità in modo massiccio da altri Paesi. Per esempio, le repubbliche baltiche, che la comprano da altri Paesi Ue. Per casi come questi la Commissione auspica “accordi di solidarietà” tra Capitali. Ma c’è anche il caso Irlanda, che importa dal Regno Unito. Siccome le misure si applicano a società Ue, gli utili del price cap irlandese si annunciano molto bassi. Per motivi diversi anche per l’Italia il contributo dagli impianti soggetti al tetto sarà inferiore alle altre potenze economiche Ue, come Germania e Francia. La ragione è l’alta percentuale di energia elettrica prodotta con il gas nel nostro Paese.
C’è poi tensione sul contributo di solidarietà per i produttori di energia da fonti fossili, che secondo la Polonia somiglia è una misura fiscale, che va discussa dai ministri delle finanze con voto all'unanimità. “E’ un contributo di solidarietà temporaneo per l’emergenza, la base legale è l’emergenza energetica, non la tassazione”, precisano da Palazzo Berlaymont, tanto che la miusra “potrà coesistere con la tasse degli extraprofitti già adottate in diversi Stati membri”. Si dovrà vedere se i ministri delle finanze dei Ventisette saranno d’accordo.
Il price cap sul gas è stato annunciato a più riprese e in forme diverse, ma i lavori sono ancora in corso. L'ipotesi che circola al momento: un tetto sul gas russo come sanzione, una classifica di affidabilità dei fornitori via tubo (Algeria, Azerbaigian, Norvegia, Russia) e contratti a lungo termine a prezzi concordati in modo collettivo, attraverso la piattaforma degli acquisti comuni, con i partner più fidati. Nel frattempo, la Commissione lavora a ridurre la capacità del Ttf di influenzare le quotazioni del gas, per sostituirlo con un altro benchmark, che rifletta la maggiore realtà del nuovo mercato dell’Ue.
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