Dopo giorni e notti di trattative tra i governi europei, con relativo affollamento di documenti non ufficiali (non-papers), martedì la Commissione europea svelerà le sue proposte per ridurre i prezzi del gas. Dopo il vertice informale di Praga, gli Stati avevano detto di voler contribuire a trovare una soluzione, ma poco è cambiato negli schieramenti sull’intervento più radicale, il limite di prezzo (price cap). In un documento inviato alla Commissione, Italia, Grecia, Belgio, Olanda e Polonia (ma non la Germania) presentano una serie di opzioni, solo l’ultima delle quali è una regolamentazione dei prezzi con un tetto o una forchetta di oscillazione. Un'idea su cui lo stesso documento, tra l'altro, cita “vedute divergenti” tra i firmatari.
Le trattative continuano, ma al momento le ipotesi sul tavolo sono le stesse che circolano da settimane: accelerata sugli acquisti comuni (anche con l’obbligo, secondo indiscrezioni non confermate) da esportatori affidabili (Norvegia, Usa, forse anche l’Algeria dopo la visita della Commissaria Kadri Simson nel Paese) con contratti a lungo termine e un nuovo indice per i prezzi che offra un’alternativa al Ttf. L'ipotesi di intervento diretto, con un limite fissato a livello Ue, non entusiasma la Commissione, ma è ancora in piedi. Difficile capire cosa sarà. L'ipotesi della forchetta non sembra del tutto scartata, come la replica del modello iberico (tetto al prezzo del gas usato per produrre elettricità) per tutta l'Ue, ma resta l'incognita di dove reperire le risorse per pagare la differenza tra prezzo amministrato e prezzo di mercato. Tutto dipende, ha fatto intendere la Commissaria Ue all'energia Kadri Simson, dalle consultazioni in corso con i governi Ue.
Di sicuro stanno per arrivare nuove flessibilità sugli aiuti di Stato e i Paesi potranno usare i fondi 2014-20 della coesione, o meglio quel che ne rimane, per i sostegni alle Pmi e alle famiglie. A giugno l’Italia doveva ancora certificare a Bruxelles 20 miliardi di euro, ma potrebbero essere molti di meno, tenuto conto delle somme già allocate (una decina di miliardi) e del fatto che agli stessi fondi si era attinto per l’emergenza Covid. In ogni caso, con un tasso di assorbimento dei finanziamenti per le Regioni tra il 50 (dato sottostimato perché comprende anche i sussidi agricoli per lo sviluppo rurale) e il 70% (dato effettivo per il solo fondo per lo sviluppo regionale), e una scadenza per la spesa a dicembre 2023 da rispettare, all’Italia potrebbe comunque convenire.
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