La proposta della Commissione europea di nuova direttiva sulla due diligence per la sostenibilità colma lacune nell’armonizzazione dei requisiti delle imprese Ue rispetto ai Paesi terzi, ma rischia di creare più ambiguità che certezza giuridica. Sono le conclusioni di un’analisi del Centro politiche europee (Cep). Secondo i ricercatori la proposta potrebbe risultare addirittura “nociva” per le imprese, “a causa delle numerose imprecisioni ancora in essa contenute”, spiega il Cep in una nota.
Un esempio, indicano i ricercatori, è “l'accumulo di termini giuridici vaghi crea ambiguità, non certezza giuridica". Ad esempio, si suppone che la legge si applichi ai "rapporti d’affari consolidati", senza che sia sufficientemente spiegato cosa si intenda con il termine "consolidati".
Tra l’altro, indica il paper, il governo tedesco sta cercando di indebolire il progetto di legge in alcuni punti cruciali. Soprattutto, la cosiddetta regola del “Safe Harbor (porto sicuro)” richiesta recentemente da Berlino potrebbe portare a stime e certificati compiacenti, trasformando così la direttiva in una "tigre di carta".
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