Dalla sentenza Urgenda, la prima al mondo con cui un tribunale ha ordinato a un governo di ridurre le proprie emissioni di gas serra, fino al caso aperto delle “Signore svizzere per il clima”, il Climate Action Network (Can) Europe ha pubblicato un rapporto che mette in fila tutte le più importanti vicende giudiziarie avviate in Europa basate sul nesso tra la responsabilità dei governi e delle grandi aziende di agire per il clima e la violazione dei diritti umani.
Negli ultimi trent’anni (1993-2022) i casi di questo tipo che sono stati depositati nelle varie giurisdizioni europee sono cresciuti, documenta il Can, fino a contare 60 ricorsi in Corte Ue, 10 alla Corte europea dei diritti dell’uomo, oltre 85 nel Regno Unito, tra i 30 e i 35 in Germania, tra 20 e 25 in Francia, 11 e 15 in Spagna, 5 e 10 in Italia. Anche nell’Europa dell’Est e del Nord sono stati aperti contenziosi in tribunale per violazioni dei diritti umani legate al clima, anche se in misura minore. “Quasi tutti i paesi europei hanno casi che mirano a garantire che gli obblighi climatici esistenti siano adeguatamente attuati”, si legge nel rapporto.
Aumentano i ricorsi basati sui diritti umani, indica il Can, in primo luogo perché il nesso tra di essi e l'azione climatica è riconosciuto dall’Accordo di Parigi. In secondo luogo, in tutti i Paesi europei c’è un robusto quadro normativo a tutela di questi diritti. Da questo punto di vista, sottolinea il Can, i casi pendenti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che dovrebbero essere chiusi entro la fine dell’anno, vanno attentamente osservati per le potenziali implicazioni e effetti su azioni legali successive.
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