Più che i mille miliardi di dollari in impegni per la sostenibilità nei mercati dei listini pubblici, i capitali privati che “potrebbero avere l'impatto maggiore sulla velocità e sulla forma della transizione energetica” saranno i 260 miliardi di investimenti in private equity. E’ il suggerimento di Standard & Poor’s, che ha analizzato come sia le tradizionali società di private equity che le nuove strutture di piattaforme di capitale privato stiano impegnando decine di miliardi di dollari in fondi per la transizione energetica e tecnologie pulite.
Libere dagli obblighi di pubblicità delle società quotate in borsa, queste società investono consentendo alle aziende di “concentrarsi su un orizzonte temporale più lungo”. Capitali pazienti, sottolinea S&P, che sembrano molto adatti ai cicli di investimento in infrastrutture energetiche, lunghi per definizione. D’altro canto, concede l’agenzia di rating, l'assenza di dati pubblici “può creare sfide inaspettate” nella valutazione dell’investimento per gli investitori in energia e risorse naturali.
Ma per S&P “non c'è dubbio che una percentuale molto più elevata dell'economia energetica resterà nelle mani degli investitori privati rispetto al passato” e dobbiamo prepararci a una “accelerazione della transizione energetica” che “potrebbe essere il primo grande ciclo di investimenti industriali e tecnologici che si verifica principalmente in mercati privati opachi dominati da fondi di private equity e gestori patrimoniali specializzati, piuttosto che attraverso aumenti di capitale nei mercati azionari pubblici”.
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