Se non attacca Bruxelles, lo fa Dublino. E viceversa. Il fuoco incrociato dell'Unione europea sulle Big Tech sferza ancora la Silicon Valley e questa volta colpisce a Menlo Park, con una multa senza precedenti da 1,2 miliardi di euro a Meta per aver violato la privacy di "milioni di utenti" europei, trasferendo senza alcuna tutela i loro dati personali da una sponda all'altra dell'Atlantico. Una decisione annunciata dall'authority per la protezione dei dati irlandese per conto del garante europeo per dare un "segnale forte" a Mark Zuckerberg agli albori della nuova era del digitale Ue. E nel bel mezzo delle trattative per imporre paletti al flusso di dati tra Ue e Usa. Ma che non intimorisce la casa madre di Facebook, Instagram e Whatsapp che, premiata anche da Wall Street - dove i titoli sono comunque saliti dell'1,37% -, è corsa al contrattacco annunciando il ricorso in tribunale.
Lanciato ormai un lustro fa, il gigantesco regolamento europeo sulla privacy (Gdpr) in questi anni ha fatto più di una vittima. E per Meta non si tratta della prima volta: sul finire dello scorso anno la maxi-fuga di 533 milioni di numeri di telefono ed e-mail, la mancanza di tutele per i dati dei bambini e la ripetuta incapacità di fornire una base legale per la raccolta dei dati le costarono un'ammenda da 265 milioni di euro. Con la nuova stangata le sanzioni in fatto di privacy inflitte alla major dei social toccano ora quota due miliardi di euro. Uno schiaffo alle attività di Zuckerberg annunciato controvoglia dall'authority irlandese, che da anni cerca di mediare tra la linea dura dell'Ue e l'interesse di ospitare sul proprio territorio i quartier generali europei della stessa Meta e di altre Big come Apple, capaci di far fiorire l'economia nazionale. Sul terreno investigativo la rappresaglia è giustificata dalla presidente del board del garante europeo per la privacy (Edpb), Andrea Jelinek, da trasferimenti di dati personali "sistematici, continuati e ripetitivi" che costituiscono una "grave violazione" delle norme comunitarie. Da punire in modo severo, in linea con l'adagio Ue secondo cui "da grandi poteri derivano grandi responsabilità". Da qui anche la richiesta di sospendere eventuali nuovi trasferimenti di dati "entro cinque mesi".
Una punizione "ingiustificata" per Meta, che per bocca del presidente per gli Affari globali, Nick Clegg, e del capo dell'ufficio legale Jennifer Newstead, promette battaglia in tribunale. E si scaglia contro quel "conflitto di leggi tra le regole del governo degli Stati Uniti sull'accesso ai dati e il diritto alla privacy europeo, che i responsabili politici dovrebbero risolvere in estate". E che rappresenta il vero nodo da sciogliere per la gestione della privacy tra le due sponde dell'Atlantico. Da anni in cerca di un accordo sui flussi di dati dopo che i vecchi quadri normativi sono stati invalidati dalla giustizia europea per timori di sorveglianza da parte dei servizi americani, Bruxelles e Washington puntano a riscrivere le regole "entro l'estate". Per Palazzo Berlaymont si tratta di garantire "la stabilità e la certezza del diritto ricercate dalle imprese" e "al contempo, una rigorosa protezione della privacy dei cittadini". Ma per i paladini della privacy Ue, guidati dall'attivista austriaco Max Schrems, l'intesa potrebbe non essere abbastanza.
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