L’Italia è il Paese Ue con la maggiore quota di consumo di biocarburanti prodotti con grassi animali, quasi 400mila tonnellate di petrolio equivalente, la metà del totale dell’Unione. I consumi dei grassi animali per il biofuel sono aumentati di 40 volte dal 2006 al 2021, sono destinati a crescere perché sono molto convenienti nell’ottica della decarbonizzazione dell’aviazione, ma andrebbero limitati. Sono i dati, le previsioni e le raccomandazioni di un nuovo studio commissionato da Transport & Environment e di un briefing firmato dalla stessa associazione.
Le tabelle di T&E indicano che il consumo totale Ue di grassi animali usati come biofuel arriva a 800mila tonnellate di petrolio equivalente, che corrispondono a 1 milione di tonnellate di materie prime di grassi animali. L'Italia e la Svezia rappresentano circa l'80% del consumo totale. Secondo OilWorld, Paesi Bassi, Finlandia, Spagna e Francia sono i maggiori Stati membri produttori di questi grassi, l’utilizzo dei quali è di fatto incentivato dalle attuali regole sulle rinnovabili, con agevolazioni nel conteggio per il raggiungimento dei target di miscelazione con carburanti sostenibili per le compagnie aeree.
Solo i grassi animali di categoria 1 e 2 possono essere utilizzati nella produzione di biodiesel, mentre quelli di categoria 3 sono più pregiati e usati principalmente per sapone e alimenti. Abbassare di categoria un grasso viola le norme Ue, ma il timore di Transport & Enrvironment (e di altre organizzazioni come l’Icct, che ha smascherato il Dieselgate) è che la forte domanda abbia già innescato frodi e crei l’occasione per nuove violazioni in futuro.
La raccomandazione è che il legislatore Ue, nel proporre incentivi, tenga conto della disponibilità limitata di grassi animali, delle questioni relative agli usi concorrenti e degli effetti di spostamento dell'utilizzo di biocarburanti, con l'adozione di un limite sull'uso di grassi animali di categoria 1 e 2 nei carburanti per autotrazione.
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