Dopo le Ong anche le agenzie di rating iniziano a puntare i biofuel, in particolare i grassi animali e gli oli esausti, come nuove materie prime critiche, ricercate come litio, cobalto o rame. Secondo una nuova analisi di Standard & Poor’s intitolata “Biofuel Feedstock Trade Flows: First Come, First Served?”, le ambiziose politiche in Nord America e in Europa per lo sviluppo della produzione di diesel rinnovabile hanno portato a un aumento del commercio internazionale di queste materie prime per biocarburanti a basse emissioni di carbonio, favoriti dal fatto che non entrano in concorrenza con i biofuel da terreni coltivabili. A trascinare la domanda sono le compagnie aeree, che “stanno sviluppando attivamente le loro strategie di approvvigionamento, rendendosi conto che gran parte delle loro strategie di riduzione del carbonio a lungo termine dipendono da un'ampia offerta di materie prime a basse emissioni di carbonio”, indica l’analisi di S&P.
L'uso mondiale di biocarburanti di tutte le materie prime è raddoppiato (+100%) tra il 2015 e il 2022, mentre la produzione è aumentata solo del 25%, una tendenza più accentuata per le materie prime a basse emissioni di carbonio, afferma l'analisi. Questo tipo di biofuel è un prodotto di scarto, il che significa che il potenziale di produzione è limitato con una bassa elasticità della domanda. Di conseguenza, l'industria dei biocarburanti ha iniziato a rivolgersi al mercato delle importazioni di materie prime per compensare la carenza di approvvigionamento interno.
L'America Latina e il sud-est asiatico, dove si prevede che il consumo di carne e olio vegetale crescerà a un ritmo sostenuto per decenni, sono pronti a emergere come fornitori strategici. La raccolta di grassi animali e olio da cucina usato in queste regioni sarà fondamentale per servire i paesi nordamericani ed europei dove la produzione di queste materie prime si è stabilizzata, afferma l'analisi.
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