I ministri dell’energia Ue hanno raggiunto un accordo sul nuovo regolamento per i mercati all’ingrosso dell’elettricità, che fa parte del pacchetto di riforma del mercato elettrico Ue. Nessuna intesa, però, sul provvedimento portante del pacchetto, che ridisegna l’attuale assetto del mercato secondo le lezioni apprese dalla crisi energetica del 2022.
Il Consiglio ha reso più chiari e rigorosi i requisiti per gli operatori di mercato nell'Ue che risiedono in un paese terzo, ha dato il via libera al potenziamento dell'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (ACER), che avrà un ruolo nelle indagini dulla violazione delle regole di trasparenza, sempre che lle autorità nazionali di regolamentazione non stiano già conducendo, o abbiano già condotto, un'indagine basata sugli stessi fatti. Le ispezioni in loco verrebbero effettuate in stretto coordinamento e in cooperazione con le autorità nazionali a determinate condizioni. Il Consiglio ha inoltre aggiunto flessibilità per quanto riguarda l'emissione di sanzioni amministrative da parte degli Stati membri.
Fumata grigia invece sul regolamento che costituisce la vera e propria riforma del sistema. La discussione si è arenata sui contratti per differenza per gli impianti esistenti. I nodi al pettine sono arrivati per il “principio di neutralità tecnologica” riconosciuto con ampi margini concessi nella proposta della Commissione alla applicabilità dei contratti per differenza non solo a fonti rinnovabili ma “a fonti non-fossili” e agli impianti esistenti. Una situazione che gli Stati hanno temuto potesse avvantaggiare la Francia e la sua industria. Una norma che, se non modificata, consentirebbe a Parigi, grazie al fatto che produce il 70% della sua elettricità dal nucleare (non-fossile) di mettere sotto contratto per differenza il parco reattori esistente, con i cittadini e le imprese francesi che potranno contare su elettricità a prezzo praticamente fissato dai contratti tra lo Stato francese e Edf, di proprietà dello Stato francese.
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