Maggiore protezione dei consumatori dalla volatilità dei prezzi, rafforzamento degli accordi di acquisto a lungo termine per le rinnovabili e per incoraggiare gli investimenti energetici, no alla istituzionalizzazione del tetto ai ricavi delle fonti inframarginali (rinnovabili, nucleare, lignite) in caso di crisi, né a contratti per differenza a coprire impianti già esistenti. L’Europarlamento ha la sua posizione negoziale sull’assetto del mercato elettrico, approvata da una maggioranza ampia (Ppe, Verdi, S&D, Renew) in commissione Industria. La commissione ha approvato anche il mandato a iniziare gli incontri con il Consiglio, quindi basterà un voto secco nella plenaria di settembre per cominciare la fase finale della procedura legislativa. Sempre che i ministri superino le difficoltà a mettersi d'accordo sui contratti per differenza.
Per come le norme sui contratti per differenza sono state scritte dalla Commissione, con la possibilità di accedere a questi contratti anche per il nucleare e per gli impianti esistenti, e data la particolare configurazione del sistema energetico francese (80% dell’elettricità da atomo, Edf di proprietà pubblica), Parigi potrebbe mettere sotto questo tipo di contratto l'attuale parco reattori, e creando problemi di concorrenza con gli altri Paesi. Questo crea lo stallo in Consiglio. Il relatore dell’Europarlamento Nicolas Gonzalez Casares (S&D, Spagna) propone un compromesso secondo il quale vanno esclusi gli impianti esistenti. “Non metto in discussione la neutralità tecnologica, né il diritto dei Paesi a scegliere il proprio mix energetico – ha spiegato in conferenza stampa – ma neanche possiamo fare una battaglia per gli interessi nazionali come si fa in Consiglio, noi non possiamo sostenere un incentivo che diventa in qualche modo retroattivo”. I contratti per differenza, spiegano dal suo staff, "si potranno fare per il rinnovo e per impianti nuovi, ma non per l'esistente".
Il socialista spagnolo ha dovuto rinunciare al tetto per i ricavi da tecnologie inframarginali come meccanismo istituzionalizzato da utilizzare in caso di crisi. “Per realizzarlo avremmo avuto bisogno di uno strumento apposito – ha detto – quindi chiediamo alla Commissione di considerarlo come ipotesi per una legislazione a parte, dopo il 2024”. Infine, una stoccata alla gestione dell’emergenza e della crisi energetica, che ha visto la Commissione e il Consiglio marginalizzare l’Europarlamento per prendere decisioni con urgenza. “Con questo voto - evidenzia - abbiamo dimostrato di poter adottare una decisione a tempo di record, in soli 3 mesi, su un testo molto tecnico e che il ricorso all’articolo 122” che prevede un processo decisionale solo con Consiglio e Commissione sui temi dell’energia “non è sempre necessario”.
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