La stretta Ue sulle Big Tech diventa sempre più realtà. "Nessuna delle grandi piattaforme potrà più comportarsi come se fosse troppo grande per doversi preoccupare", ha scandito il commissario francese Thierry Breton (al mercato Interno e servizi), voce e volto dell'esecutivo comunitario nelle 'rivoluzioni' del Digital markets act e di quella parallela del Digital services act, implementata solo pochi giorni fa. L'una (il Dma) per limitare che da giganti digitali si possa imporre il bello e il cattivo tempo nei rapporti tra utenti e aziende, l'altra (il Dsa) per limitare online illeciti, fake news, violazioni della privacy e tutelare i minori. Dalla Commissione è arrivato dunque l'annuncio dei nomi delle sei multinazionali designate sulla base del Dma come 'gatekeeper', insomma il bollino ufficiale di esser Big Tech da tenere sotto i fari dell'Ue: Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Bytedance e Microsoft. Sotto i riflettori finiscono i relativi 22 'servizi centrali': si parla di social network stranoti (TikTok, Facebook, Instagram e Linkedin), delle grandi piattaforme di intermediazione (Google Maps, Google Play, Google Shopping, Amazon Marketplace, App Store, Meta Marketplace), di pubblicità (Google, Amazon e Meta), ma anche dei più usati servizi di comunicazione interpersonale o 'Niics' (Whatsapp e Messenger), scambio video (Youtube), o servizi browser (Chrome e Safari) e di ricerca (Google Search).
"Ora dovranno agire in base alle regole, le nostre regole", ha sottolineato Breton. I sei colossi avranno ora sei mesi per mettersi in regola con i nuovi obblighi del Dma. Da subito, però, dovranno nominare un responsabile di conformità, a diretto riporto del consiglio societario, che dovrà tra l'altro informare immediatamente la Commissione europea di qualsiasi fusione o acquisizione abbia in mente l'azienda. Se la 'compliance' della società non sarà adeguata "non esiteremo ad agire con forza", ha chiarito Breton rinviando alle "pesanti sanzioni" previste dal Dma: fino al 10% del fatturato globale, oltre il 20% per i recidivi. Da parte sua il Dsa prevede multe fino al 6% del fatturato globale, fino alla messa al bando per i recidivi. Tra le richieste alle Big Tech, quella di studiare sistemi di interoperabilità per far funzionare i servizi anche con quelli di altre società, una maggior scelta su software e servizi installati, ma anche meccanismi di trasparenza sulla pubblicità per l'ecommerce, o sugli algoritmi di raccomandazione e indicizzazione.
Altro grande filone sarà quello dei dati che dovranno essere accessibili anche alle controparti. Tra le novità del primo esame di Bruxelles, Gmail, outlook.com e Samsung Internet Browser, non sono ritenute 'gateway' - o servizi centrali - ai sensi del Dma, pur avendo numeri oltre le soglie rilevanti secondo la riforma (Samsung resta quindi fuori dal Dsa). Scatta invece un'indagine di 5 mesi per valutare le argomentazioni secondo cui non sarebbero rilevanti i servizi Bing, Edge e Microsoft Advertising (per Microsoft) e IMessage (Apple), con ulteriori verifiche avviate poi su iPadOS. A fine agosto la Commissione aveva indicato le prime 19 piattaforme chiamate a rispettare il Dsa, con un piano di trasparenza su algoritmi e pubblicità, lotta alla disinformazione, protezione dei minori e fine della profilazione.
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