Il commissario europeo Thierry Breton faceva sul serio. Dopo un botta e risposta con Elon Musk lungo due giorni, Bruxelles ha messo sotto inchiesta X per l'ondata di disinformazione e contenuti terroristici, violenti e di incitamento all'odio apparsi sulla piattaforma all'indomani dell'attacco di Hamas in Israele. E lo ha fatto sfoderando per la prima volta le norme contenute nel suo nuovo Digital Services Act, pensato per ritenere le major del tech responsabili di messaggi e video illegali che si propagano per la rete. Tutti contenuti che, è l'accusa dell'esecutivo Ue, in questi giorni di conflitto si sono moltiplicati sul social media, diventato l'agorà per deepfake come scene di bombardamenti da videogame spacciati per filmati di guerra, vecchi video di ostaggi diffusi come nuovi, e fake news per glorificare o giustificare l'azione dei terroristi. E a ricevere un primo richiamo, finora senza risvolti giuridici, sono state anche Meta, TikTok e YouTube.
A due giorni dalla prima lettera di avvertimento spedita dal commissario francese, X ha replicato con una difesa a spada tratta espressa dalla ceo Linda Yaccarino. "Dopo l'attacco terroristico a Israele, abbiamo preso provvedimenti per rimuovere o segnalare decine di migliaia di contenuti", ha scritto l'amministratrice delegata, assicurando che "non c'è posto su X per organizzazioni terroristiche o gruppi estremisti violenti" ed esprimendo l'impegno a "rimuovere questi account in tempo reale" anche con "sforzi proattivi". Una replica che però non è bastata ai servizi dell'esecutivo Ue che, forti delle evidenze raccolte e impegnati sullo stesso fronte anche con Meta, Tik Tok e YouTube, hanno deciso di passare dalle parole ai fatti. Recapitando direttamente a Musk una richiesta formale di informazioni come primo passo di un'indagine inedita ai sensi del Dsa, teso - nelle parole di Breton - a "proteggere sia la libertà d'espressione sia le democrazie" Ue "anche in tempi di crisi".
La richiesta, già contenuta nella missiva di richiamo, è di introdurre "misure di mitigazione proporzionate ed efficaci" per affrontare la disinformazione e di ottemperare alle responsabilità - nei confronti dei cittadini - che competono a una società designata tra le big del tech capaci di influenzare il mercato. Responsabilità che includono "la valutazione e la mitigazione dei rischi legati alla diffusione di contenuti illegali, disinformazione, violenza di genere e qualsiasi effetto negativo sull'esercizio dei diritti fondamentali, dei diritti del bambino, della sicurezza pubblica e del benessere mentale". E, oltre alla diffusione su X di propaganda terroristica e disinformazione in relazione al conflitto in Israele, i funzionari Ue stanno indagando anche sui protocolli previsti dal social media per reagire a una crisi. Tutti quesiti ai quali ora X è chiamata a rispondere tra il 18 e il 31 ottobre. Spetterà poi a Bruxelles valutare i passi da intraprendere. La minaccia che si allunga sulla major californiana è scritta nero su bianco nel Dsa: il mancato allineamento alle norme Ue può comportare multe fino al 6% del giro d'affari annuo e, in ultima istanza, lo smantellamento delle attività in terra europea.
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