Se disaccoppiare le economie è un rischio troppo grande, dare un taglio netto a una dipendenza a senso unico è un imperativo. L'Europa tira dritto sulla sua strada sempre più lontana dall'"assertiva" Cina e vara in tempi quasi record il suo nuovo Critical raw materials act per riportare le attività di estrazione delle terre rare nel Vecchio Continente entro la fine del decennio.
Con l'eco ancora nitido delle parole pronunciate a Pechino da Ursula von der Leyen e Charles Michel a denunciare "l'insostenibile squilibrio commerciale", compie un passo deciso per affrancarsi dal monopolio cinese sui 17 metalli vitali per le batterie e i microchip protagonisti della doppia transizione verde e digitale del presente e del futuro. Superato il negoziato con i Paesi membri senza intoppi - con un'inconsueta unità di intenti anche tra i Ventisette -, gli eurodeputati hanno sbrigato l'ultima formalità approvando con 549 voti favorevoli, 43 voti contrari e 24 astensioni la proposta presentata a marzo dalla Commissione europea insieme al piano gemello Net Zero per un'industria sempre più a emissioni zero.
D'ora in avanti - con la nuova legge pronta a fare il suo ingresso sulla Gazzetta ufficiale Ue - il diktat recita chiaro: oltre alla capacità domestica di estrazione da aumentare, anche quella di raffinazione e lavorazione in house le 34 materie prime critiche (17 quelle strategiche) dovrà crescere ad almeno il 40% e quella di riciclarle ad almeno il 15%, accanto a una stretta decisa all'import dai Paesi terzi e soprattutto dal Dragone, seguendo la quale non più del 65% di ciascuna materia prima strategica potrà avere origine extra-Ue. Obiettivi da centrare con incentivi alle Pmi europee nella produzione delle componenti imprescindibili per tv, cellulari, turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, auto elettriche, radar, magneti e fibre ottiche. Confidando in autorizzazioni più snelle e finanziamenti ad hoc, ma anche sul maxi-giacimento da oltre un milione di tonnellate di terre rare scoperto a inizio anno a Kiruna, nell'estremo nord del circolo polare artico.
Un modo per l'Europa, nelle parole del commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton in aula a Strasburgo, di prendere "in mano il suo destino" ed "esportare" a sua volta "innovazione e prodotti, non posti di lavoro". Ma soprattutto "una risposta alle minacce e alle pressioni di alcuni Paesi terzi". Un riferimento implicito diretto alla Cina, monopolista del 90% delle materie critiche globali, dalla quale l'Ue intende affrancarsi anche volgendo lo sguardo a partenariati strategici con altri governi - dall'America Latina all'Africa - puntando sul suo Global Gateway.
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