Chi ha orari, vacanze e performance monitorate da un algoritmo non è un freelance ma un lavoratore dipendente: è quanto sancisce l'Ue con l'accordo raggiunto tra le istituzioni europee sulle nuove norme per la tutela dei lavoratori delle piattaforme digitali, come i riders o gli autisti di Uber.
L'intesa tra il Parlamento europeo ed i rappresentanti dei 27 Stati membri è arrivato martedì notte dopo una maratona negoziale durata oltre dodici ore. Il risultato è un "accordo rivoluzionario che costituisce il primo quadro normativo per i lavoratori di tutte le piattaforme digitali. Oggi possiamo dire ai circa 40 milioni di addetti del settore, molti dei quali precari, che Europa c'è ed è con loro", ha commentato la relatrice del provvedimento, l'eurodeputata del Pd, Elisabetta Gualmini.
Il testo Ue mira a garantire la corretta classificazione dello stato occupazionale di almeno 5,5 milioni di persone in Europa. Per proteggere i lavoratori in questo processo il testo inserisce la presunzione di rapporto di lavoro che scatta quando sono presenti due indicatori di controllo o di direzione su un elenco di cinque. La presunzione può essere fatta valere dal lavoratore, dai suoi rappresentanti e dalle autorità competenti.
Toccherà poi alla piattaforma dimostrare che non si tratti di un rapporto di lavoro dipendente. I legislatori europei chiedono inoltre più trasparenza sui sistemi che gestiscono il personale obbligando le aziende a rendere libero l'accesso alle informazioni su come funzionano gli algoritmi e su come il loro comportamento influenza le decisioni prese dai sistemi automatizzati. Sarà inoltre vietato che decisioni importanti, come licenziamenti o modifiche al rapporto di lavoro siano prese dell'algoritmo senza la supervisione umana. Un passaggio che ha reso "particolarmente orgogliosa" Gualmini che sottolinea come "la supervisione umana sia una questione di dignità. "Non si può essere licenziati con un messaggio whatsapp". D
a Roma festeggia l'ex ministro del lavoro Pd, Andrea Orlando, secondo cui "l'accordo Ue è un passaggio decisivo per i diritti di milioni di lavoratori" e accusa il governo Meloni di aver cancellato invece la norma italiana sui rider da lui introdotta. "Auspico che a questo punto Meloni torni sui suoi passi e reintroduca il diritto all'accesso dell'algoritmo dei lavoratori delle piattaforme", scrive sui social il Orlando. Prima che possa partire il conto alla rovescia per l'entrata in vigore della nuova norma il Parlamento e il Consiglio Ue dovranno approvare formalmente l'intesa.
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