Attraverso lo studio del
linguaggio di giocatori d'azzardo che hanno maturato una
dipendenza patologica è possibile individuare innovativi
strumenti terapeutici. Un gruppo di ricercatori e ricercatrici
della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA)
e dell'Università di Roma Tre ha per la prima volta analizzato
le narrazioni dei pazienti affetti da dipendenza al gioco
d'azzardo per identificarne le problematiche più comuni e
fornire possibili strumenti terapeutici innovativi. Da qui
emerge, tra l'altro, "l'assenza totale di parole e frasi
riferite al futuro".
In particolare, i ricercatori hanno intervistato 30 soggetti in
trattamento per disturbo da gioco d'azzardo presso i servizi
pubblici per le dipendenze della Regione Friuli Venezia Giulia.
Le interviste, realizzate in forma semi-strutturata,
riguardavano vari aspetti della loro esperienza con il gioco,
dall'aspetto compulsivo, ai tentativi di controllare il
desiderio, dai fattori scatenanti la
dipendenza a quelli utili a raggiungere l'astinenza e riprendere
il controllo.
Gli studiosi hanno analizzato le parole utilizzate dai pazienti
con il LIWC (Linguistic Inquiry and Word Count), il software più
utilizzato al mondo per gli studi di linguistica computazionale.
"Abbiamo così identificato diversi marcatori linguistici delle
problematiche emotive e cognitive dei giocatori d'azzardo, che
variano nelle diverse fasi della dipendenza", spiega Stefano
Canali, ricercatore del Laboratorio Interdisciplinare della
SISSA e del Cosmic Lab dell'Università di
Roma Tre e responsabile dello studio. "Il più evidente fra tutti
è l'assenza totale di parole e frasi riferite al futuro. Un
fenomeno che probabilmente è allo stesso tempo indice e causa
della difficoltà che ha il giocatore d'azzardo a pensare agli
effetti dei comportamenti impulsivi e rischiosi sul suo domani".
Un altro marcatore narrativo che lo studio ha individuato è
l'uso contemporaneo di espressioni in prima persona e in forma
passiva per raccontare il rapporto col gioco. "È come se il
soggetto si sentisse di essere 'agente' e responsabile dei
comportamenti di gioco e, allo stesso tempo, di essere 'agito',
passivo, trascinato dal desiderio e dagli automatismi. Questa
contraddittorietà narrativa è indice di una chiara dissociazione
del sé", afferma il ricercatore. "Infine, a questi indicatori si
affianca un'estrema difficoltà a descrivere i vissuti emotivi
legati al desiderio del gioco e alla perdita del controllo. Un
deficit narrativo che sembra migliorare
con il percorso terapeutico". Secondo il Libro Blu 2019
dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli pubblicato a giugno 2020,
lo scorso anno il volume di gioco del Friuli Venezia Giulia è
stato di un miliardo e 369 milioni di euro, per un dato
procapite di 1.305,94 euro anno.
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