"La mamma di Giorgio portava da
mangiare a suo figlio durante le prove. Lui così tornava
ragazzo". Un aneddoto dei tanti raccontati da Andrea Jonasson,
attrice e vedova del grande regista triestino Giorgio Strehler.
L'occasione è stata una serata al teatro Rossetti di Trieste -
dov'è in allestimento una mostra del teatro e del Comune di
Trieste con documenti d'epoca e marionette di Vittorio Podrecca,
impresario e regista, che reinterpreteranno alcune scene
strehleriane - organizzata ieri nell'ambito del centenario dalla
nascita dell'artista inventore del Piccolo di Milano assieme a
Paolo Grassi.
Seduti in mezzo al palco della sala Bartoli gli attori Moni
Ovadia, Ariella Reggio, Sara Alzetta, Carlo Simoni, Andrea
Jonasson e l'esperto di teatro Roberto Canziani.
A raccontare il rapporto con il grande Strehler anche Moni
Ovadia. "Siamo diventati amici a metà degli anni Novanta. È
stata un'epifania - spiega l'autore di Golem -. Stavo facendo
uno spettacolo con Pamela Villoresi al Piccolo. Era il 1996. Era
uno spettacolo il cui pubblico era entusiasta ma non la critica.
Arriva Giorgio e mi prende sotto braccio. Non avrei mai pensato
che si sarebbe rivolto così a me. Mi ha detto subito che avremmo
fatto cose insieme e lodandomi. 'Questo - aveva detto - è avanti
5mila anni luce a me'. Ero rimasto senza parole". "Lui era come
un faro su Milano. Quando è morto - continua Ovadia - la città
si è raffreddata. Mi è dispiaciuto avere un rapporto così
tardivo con lui".
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