Quando esce dalle quinte -
cappello bianchi, occhiali da sole, giacca cravatta pantaloni
tutto nero su camicia bianca - dove i quattro musicisti storici
lo stanno già aspettando, nemmeno saluta il teatro pieno del
Rossetti: quasi timidamente va a sedersi al pianoforte e intona
"Resta con me". Occorreranno vari brani e tanti echi di barrio,
di tango e bandoneon perché Vinicio Capossela si rilassi e, a
bassa voce, parli al pubblico.
Dopo il Teatro Comunale di Ferrara e stasera al Duse di
Bologna, ieri sera Capossela è tornato nella 'sua' amata Trieste
- "mi piace così tanto che non capisco perché ancora non ho
preso la residenza" - per la seconda delle tre tappe del
minitour "Round one thirty five 1990 - 2020. Personal
Standards", dove ripropone i primi tre dischi: All'1.35 circa,
Modì, Camera a sud. Un concerto colto e raffinato nel corso del
quale invita a salire sul palco ed esibirsi la giovane Irene,
poi Lea Pascal e infine l'attore Sandro Mizzi perché legga una
toccante poesia di Virgilio Giotti. Poi parla di Regeni, della
storica Chiara Frugoni scomparsa ieri, di Paolo Rumiz e dei
"tempi bui2. Un concerto durato due ore e mezzo 'tirate' e
conclusosi con un bis e due standing ovation del pubblico.
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