Totale chiusura delle autorità
egiziane a un collaborazione con l'Italia per il caso Regeni.
Emerge dalla nota che il ministero della Giustizia ha inviato al
gup di Roma nel giorno dell'udienza del procedimento a carico
dei quattro 007 accusati di avere rapito, torturato e ucciso il
ricercatore friulano nel 2016.
Il giudice Roberto Ranazzi in gennaio aveva chiesto al
governo di verificare la possibilità di un'"interlocuzione" con
il Cairo. Oggi ha disposto la sospensione del procedimento
affidando ai Ros nuove ricerche; in aula di nuovo il 10 ottobre,
quando verrà ascoltato il capo dipartimento affari giudiziari
del Ministero della Giustizia, Nicola Russo. Il giudice ha
definito "del tutto pretestuose le argomentazioni della Procura
Generale del Cairo", aggiungendo che il "rifiuto di
collaborazione delle autorità egiziane è un dato di fatto". Nel
documento trasmesso a piazzale Clodio, il ministero di via
Arenula scrive del "rifiuto dell'Egitto di collaborare
nell'attività di notifica degli atti" con l'Italia nonché il
'no' a un incontro tra il ministro Marta Cartabia e il suo
omologo egiziano. Il 15 marzo il direttore della cooperazione
giudiziaria italiana a un incontro in Egitto gli è stato
comunicato che sulla vicenda la competenza è della Procura
Generale per la quale il caso Regeni è chiuso. Il Ros è riuscito
ad acquisire l'indirizzo del luogo di lavoro dei quattro ma per
il codice penale per questioni internazionali è necessario il
domicilio.
"Siamo amareggiati e indignati dalla risposta della procura
del regime di Al Sisi che continua a farsi beffe delle nostre
istituzioni e del nostro sistema di diritto. Chiediamo che il
presidente Draghi condividendo la nostra indignazione pretenda,
senza se e senza ma, le elezioni di domicilio dei 4 imputati.
Oggi è stata un'ennesima presa in giro", ha detto l'avv.
Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio.
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