(di Francesco De Filippo)
PAOLO POSSAMAI, "NETTUNO E
MERCURIO
IL VOLTO DI TRIESTE NELL'800 TRA MITI E SIMBOLI" (MARSILIO ARTE;
pp. 159; euro 28).
Le città parlano. A livelli diversi di comunicazione, con
linguaggi differenti. Attraverso l'architettura, i monumenti,
l'ampiezza e la rete di strade: una semantica comprensibile. Poi
c'è un livello più culturale, che parla per chi sa comprendere,
le sue sillabe e i lemmi e la sintassi è composta da
bassorilievi, iscrizioni, statue. Trieste ne è particolarmente
ricca, dunque l'operazione che fa Paolo Possamai è quella di
decrittare questi messaggi.
E cosa dice questa lingua? Celebra innanzitutto i protettori
dei commerci marittimi, ossia la mitologia, con Nettuno e
Mercurio. E li declina come verbi: che si tratti di tritoni,
sirene, nereidi o cavalli, a istoriare cornicioni, a fregiare
grandi portoni di legno, ringhiere in metallo, ad abbellire
androni. Possamai, giornalista e storico, riconosce Mercurio e
Nettuno ovunque in città, percorrendo la Trieste ottocentesca.
Non sono i soli miti: ad alzare con attenzione gli occhi sembra
che ci siano più Ulisse, Giasone, Venere, Vulcano, Minerva sugli
edifici che passanti in strada. E' la Trieste di Maria Teresa
d'Austria, che a metà Settecento ne fece il porto dell'Impero
asburgico trasformando il lavoro un mito attraverso la
navigazione, il commercio; un emporio delle nazioni. E se si
incappa in un bimbo di marmo o in pietra, è il simbolo del
nascere dell'industria.
Ebbe un inizio questo "affollamento" di presenze: Possamai lo
individua nel palazzo del mercante greco Demetrio Carciotti che,
con l'architetto Matteo Pertsch, concepì la sua casa-fondaco
come una sorta di "dimora del principe". Da quegli anni,
Mercurio e Nettuno si sono tramandati nell'architettura e
nell'urbanistica fino al primo ventennio del XX secolo. Rari
invece gli emblemi della cristianità.
Tra le tante fotografie di Manuela Schirra e Fabrizio
Giraldi, si ricorda che la città moderna è l'esito della
decisione dell'impero d'Asburgo di istituire il porto franco. Un
destino non casuale: l'analoga decisione presa per Fiume
(Rijeka), non ebbe uguale fortuna.
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