I primi computer quantistici, Nisq
(Noisy intermediate-scale quantum), già esistono e li stanno
sviluppando alcuni dei principali player dell'industria ICT a
livello mondiale, ma "si tratta di computer con un centinaio di
qubit ancora troppo rumorosi, cioe' fanno ancora 'troppi errori'
per potersi fidare del risultato". Tuttavia, "l'era NISQ finirà
quando avremo un oggetto con circa 10mila qubit e con una
sufficiente correzione automatica degli errori". Dunque per
avere dei computer quantistici, "secondo i più ottimisti
basteranno dieci anni, più cautamente direi che i più giovani di
noi vedranno un computer quantistico in opera". Ne è convinto il
fisico teorico Pasquale Calabrese, docente alla Sissa di
Trieste, che di recente ha partecipato a Bruxelles all'ultima
Solvay Conference on Physics. Un appuntamento prestigioso: vi
sono intervenuti su invito solo 50 studiosi da tutto il mondo,
tra cui 4 Premi Nobel.
"Il tema della conferenza Solvay - spiega Calabrese - era 'La
fisica dell'informazione quantistica', un soggetto che ha
applicazioni in diversissimi campi della scienza
dall'informazione nei buchi neri ai futuri computer quantistici,
passando ovviamente attraverso i sistemi quantistici standard
quali dispositivi a stato solido e gas ultrafreddi". Tra i campi
di applicazione dei futuri computer quantistici, c'è la
crittografia. "La moderna crittografia fonda su chiavi di
codifica basata sul prodotto di numeri primi molto grandi che un
computer normale non riesce a fattorizzare e quindi ad hackerare
la chiave - spiega Calabrese - e uno dei principali algoritmi
della computazione quantistica è l'algoritmo di Shor per la
scomposizione in fattori primi che è molto più 'efficace e
veloce' di quanto potrebbe un algoritmo classico. Un computer
quantistico potrebbe hackerare qualunque comunicazione classica,
ma fortunatamente - continua lo scienziato - le università hanno
già sviluppato la crittografia quantistica che non può essere
hackerata".
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