"I modelli teorici elaborati dalla
fisica sono l'unica cosa che ci permette di prevedere che faccia
avrà il cambiamento climatico. Capire esattamente quale tipo di
fenomeni estremi ci attende è fondamentale per escogitare
politiche capaci di renderci resilienti al futuro. C'è dunque
bisogno di uno sforzo globale sul tema: serve una struttura
paragonabile al Cern focalizzata sul cambiamento climatico".
L'ha detto Tim Palmer, fisico dell'università di Oxford esperto
di cambiamento climatico, a Trieste in occasione del Simposio
dello Iupap (Unione Internazionale di Fisica Pura e Applicata),
sostenendo che gli attuali modelli di previsione sono
inadeguati.
"Alla Cop26 di Glasgow i leader politici globali hanno preso
consapevolezza del fatto che le politiche di adattamento sono di
pari importanza rispetto a quelle di mitigazione del cambiamento
climatico - ha spiegato - Temo però che non si rendano conto del
fatto che i nostri modelli di previsione al momento sono del
tutto inadeguati": non fanno capire "se in una determinata
regione ci sarà prevalenza di inondazioni o di siccità. Per
avere questo livello di dettaglio abbiamo bisogno di una potenza
di calcolo gigantesca: supercomputer 'exascale' da un miliardo
di miliardi di calcoli al secondo, attualmente in sviluppo".
L'auspicio di Palmer è che "si crei ora una struttura
internazionale dotata di tali macchine, una sorta di Cern per il
cambiamento climatico", le cui conseguenze più drammatiche
saranno forse avvertite nelle regioni tropicali o subtropicali:
"Potrebbero verificarsi ondate di calore che renderanno quei
territori incompatibili con la vita umana. Questo porterà a
migrazioni di miliardi di persone verso aree più fredde del
pianeta, come il Nord America o l'Europa in assenza di politiche
mirate per l'adattamento al cambiamento. Il problema è globale,
così come lo deve essere la soluzione", ha concluso lo studioso.
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