"Eddie, dobbiamo tornare a stare
sulle barricate, lottare per la vita e la speranza. Eddie, dopo
quel 19 luglio e dopo le altre stragi, le bombe a Roma, Firenze
e Milano i mafiosi hanno imparato ad agire nell'ombra, hanno
virato verso una pressione che si manifesta poco con le armi e
molto più con il potere dei soldi, con l'inquinamento del
tessuto sociale ed economico e nessuna regione è esente. Eddie,
la forza delle mafie oggi più che mai sta fuori dalle mafie e
allora dobbiamo colpire gli affari sporchi della criminalità,
scardinare quel sistema mafioso di relazioni, smascherare gli
interessi che ruota attorno". Così il presidente di Libera, don
Luigi Ciotti, rivolgendosi direttamente a uno degli agenti della
scorta di Paolo Borsellino, Eddie Walter Cosina, morto nella
strage di via D'Amelio e ricordato oggi a Trieste durante una
messa di suffragio nella Chiesa di Sant'Antonio.
"Oggi c'è il pericolo strisciante della normalizzazione", ha
aggiunto don Ciotti, durante la messa, ed "è bene che la parola
antimafia vada in quarantena". "E' una bandiera - ha spiegato a
margine - che tutti usano e dietro la quale c'è qualcuno che la
usa come carta di identità per fare i propri affari e i propri
interessi".
Presenti alla celebrazione - a cui hanno partecipato, tra gli
altri, il Questore di Trieste, Pietro Ostuni, e il prefetto di
Trieste, Annunziato Vardè - i familiari di Cosina, nato in
Australia e poi trasferitosi a Muggia (Trieste). "Per noi non
sono passati 30 anni, ma un minuto. Abbiamo imparato a convivere
con il dolore, trasformarlo in energia positiva. La memoria è
l'unica forma di giustizia che possiamo dare alle vittime delle
stragi del '92", ha detto Silvia Stener, nipote di Cosina.
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