Per affrontare temi della
complessità come la crescente disuguaglianza, crisi
demografiche, migrazioni, perdita di biodiversità e climate
change occorre una più ampia integrazione dei
metodi delle scienze dure e di approcci statistici e
demografici. È necessaria insomma una scienza della complessità
per identificare i meccanismi generali e le caratteristiche
universali per una migliore comprensione delle determinanti
della sostenibilità. A sostenerlo è Matteo Marsili, Senior
Scientist dell'Istituto di Fisica Teorica Abdus Salam di Trieste
(ICTP).
Marsili è intervenuto in apertura del workshop "Quantitative
Human Ecology", di cui è coordinatore, cominciato oggi e che si
concluderà il 29 luglio e al quale, tra gli altri,
parteciperanno Daniel P. Schrag (Harvard Univ), Sandra Diaz
(National Univ Córdoba) e Partha Dasgupta (Univ Cambridge),
Alessandro Vespignani (Northeastern Univ Boston) Elisa Omodei
(Central European Univ). Ambizione dell'evento è definire
un'agenda di ricerca su come le scienze di base possano
contribuire allo sviluppo sostenibile. Il workshop è organizzato
dalla Fondazione Int. Trieste (FIT), ICTP, Sante Fe Inst. e
SISSA; è co-sponsorizzato da Missione USA in Italia.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA