"Una scossa di luce" per modulare
in tempo reale l'attività di un singolo neurone. Così funzionano
gli innovativi fotodiodi nanometrici, studiati in una nuova
ricerca pubblicata su Science Advances secondo una tecnica
innovativa sviluppata dall'equipe di Laura Ballerini della SISSA
di Trieste, in collaborazione con le Università di Chicago e di
Cambridge.
In pratica, se attivati con un raggio infrarosso, i fotodiodi
inviano un messaggio elettrico alla cellula nervosa a cui sono
legati, regolandone la funzione, ma anche all'area circostante
con un'amplificazione dell'effetto. Lavorando come un elettrodo,
ma con approccio non invasivo e selettivo, queste nanotecnologie
- secondo gli scienziati - potranno "risultare estremamente
utili per la ricerca di base, per indagare finemente i
meccanismi del sistema nervoso, ma anche per sviluppare terapie
mirate per le malattie neurologiche".
Distante dalle tecniche "basate sugli elettrodi o sulla
combinazione tra manipolazione genetica e tecniche ottiche con
la cosiddetta optogenetica", quella di Ballerini e i suoi
collaboratori Denis Scaini e Mario Fontanini, impiega
"innovativi fotodiodi nanometrici, sviluppati dall'Università di
Chicago, capaci di legarsi alla membrana di superficie delle
cellule nervose". I fotodiodi "si accendono quando sono
illuminati con una luce infrarossa. In questo modo possono agire
elettricamente sulla cellula nervosa, attivandola. Questo
permette di vedere qual è il ruolo di uno specifico neurone in
un determinato meccanismo nervoso e, dal momento che
l'infrarosso è in grado di penetrare i tessuti, modularne
l'attività dall'esterno in modo agile e non aggressivo".
Inoltre, "grazie a un ingegnoso meccanismo sviluppato in
collaborazione con l'Università di Cambridge, il fotodiodo è
legato a un anticorpo che funziona come un precisissimo corriere
che lo porta esattamente dove vogliamo noi".
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