"Tutti noi non abbiamo mai tempo,
ma per fare cosa? Siamo impegnati ad essere impegnati". Invece,
"esperienza è ciò che ci consente di vivere qualcosa", ma stiamo
vivendo "un momento storico che ci porta verso qualcosa che non
sappiamo ancora cosa sia. Attendiamo l'arrivo di nuovi
redentori". E' il pensiero del poeta Aldo Nove, sintetizzato nel
suo ultimo libro, "Sonetti del giorno di quarzo" (Einaudi), che
ha presentato questo pomeriggio al Circolo Adria.
E contro un mondo così veloce e "meccanizzato,
meccanicistico, in cui agiamo compulsivamente con la tecnica nel
nostro quotidiano in una serie di situazioni accelerate ma
umanamente svuotate di senso", Nove ha scelto di esprimere la
sua poetica in sonetti, "la forma più antica" della poesia, la
più tradizionale. Nel sonetto "c'è la storia millenaria, c'è
tutto il mondo, è una architettura perfetta", ha spiegato in una
presentazione dai toni ironici e autoironici, promossa da
Francesco Magris, docente e amico di Nove, e in cui sono
intervenute anche due autrici e critiche, Ilda Tripodi - per la
quale "la poesia è la casa di Aldo Nove, il suo destino" - e
Martina Delpiccolo, che, segnalando la forte critica ai tempi
contemporanei sottolineati da Nove, lancia un messaggio di
speranza: "Ho scoperto tanto amore in questi sonetti, anche se
chi li scrive dice di non averne più di amore. Peggio di questo
c'è solo il silenzio, e invece il poeta ha parlato".
Per Nove questa "è un'era più buia del Medio Evo, è l'era più
impoetica che sia mai esistita".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA