Avrebbe pianificato tutto Giuseppe Franco, il militare di marina accusato dello stupro di una sedicenne la notte del 29 giugno scorso a Roma, nella zona di piazzale Clodio. Per il gip Giacomo Ebner non ci sono dubbi ed anche per questo, oltre a convalidare il fermo del trentunenne, ha emesso, su richiesta del pm Eugenio Albamonte, l'ordinanza che dispone la custodia in carcere dell'uomo.
Le argomentazioni del militare in sede di interrogatorio di garanzia, soprattutto la rivendicazione di un rapporto sessuale avvenuto con il consenso della minore, non hanno convinto gli inquirenti. Per Giuseppe Franco, scrive Ebner nell'ordinanza, "si ritengono sussistenti i gravi indizi di colpevolezza" e per questo motivo deve rimanere a Rebibbia, dove c'è un reparto adibito alla detenzione dei militari. Reiterazione del reato e fuga, tenuto conto che il militare "ha cercato di far perdere le proprie tracce e che avendo fatto numerose missioni all'estero potrebbe conoscere i luoghi in cui rifugiarsi", i pericoli invocati che, per il gip, giustificano la custodia cautelare. Ricostruendo la dinamica dei fatti, Ebner sostiene che l'indagato "ha individuato una ragazza palesemente minorenne, ha esibito un tesserino per accreditarsi come rappresentante delle forze dell'ordine ed ha persuaso la minore esercitando la forza solo nei momenti in cui la ragazzina tentava di ribellarsi".
L'uomo, è detto nella misura restrittiva, ha "senz'altro approfittato dell'orario notturno e del luogo in cui appartarsi, da lui, senza dubbio conosciuto". Il pm Eugenio Albamonte, titolare degli accertamenti, ha intanto chiesto al gip di raccogliere la testimonianza della presunta vittima dello stupro e delle sue due amiche tramite incidente probatorio, lo strumento che consente ad un atto istruttorio di assumete il valore di prova in un processo. Si tratta di un espediente che consentirà di evitare alle minori di essere esposte durante il giudizio. Il difensore di Franco, l'avvocato Gaetano Parise, ha invece intenzione di impugnare l'ordinanza di custodia cautelare davanti al Tribunale del Riesame. Ai giudici competenti sulla legittimità delle misure restrittive, il legale chiederà la revoca del provvedimento e, in subordine, la concessione degli arresti domiciliari. "La versione del mio assistito - ha dichiarato - è attendibile, non fosse altro perché dal certificato medico non risulta alcuna traccia di violenza sulla ragazzina".
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