"Per la città di Genova l'importante è il risultato il più presto possibile, un ponte che non cada più. Poi che lo faccia Giovanni, Nicola o Francesca alla città di Genova non credo interessi molto. Interessa molto invece che quel ponte venga pagato da chi l'ha fatto cadere e quindi mi auguro che la soluzione adottata non sia che si paghi di più per avere di meno". Lo ha detto l'ex ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, dopo esser stato sentito come persona informata dei fatti dal pm Massimo Terrile nell'ambito dell'inchiesta sul crollo del ponte Morandi. Il fondatore dell'Italia dei valori è stato sentito per un'ora e mezza dai magistrati.
Nel mattino il Palazzo di Giustizia di Genova era stato evacuato per un falso allarme bomba, rientrato nell'arco di un paio di ore, lasciando tra le prsone fuori dall'edificio anche l'ex ministro. "Ci sono responsabilità politiche, istituzionali e personali. La procura della repubblica si deve occupare delle responsabilità personali. Spero di aver dato il mio contributo. Credo che la politica e le istituzioni debbano interrogarsi non più il giorno dopo la tragedia e su cosa si sarebbe potuto fare ma semmai il giorno prima", ha aggiunto Di Pietro.
"Quel che ho fatto per ogni clausola del ministero l'ho indicato consegnando al pm anche la documentazione relativa, per questo mi sono rimasti in valigia solo i capocolli e le caciotte", ha spiegato. "Sono orgoglioso di quello che ho fatto, non ho nulla da rimproverarmi. Non ho firmato io la convenzione. Leggete chi ha firmato la convezione e chi ha dato autorizzazione. Tutto ciò che dovevo dire l'ho detto al pm", ha continuato Di Pietro. "Ai familiari delle 43 vittime - ha proseguito - esprimo la mia vicinanza e la mia solidarietà. Ho già fatto il mio dovere da ministro ai tempi e sono molto orgoglioso di averlo raccontato in questa sede. Tutto quello che potevo fare ai tempi come ministro l'ho fatto".
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