"Non c'è mai stata una interferenza politica 'incongrua', le decisioni su Tirreno Power erano frutto di valutazioni tecniche che coinvolgevano diverse figure. Non furono decisioni politiche, la giunta prese atto di valutazioni tecniche di altri". Così l'ex presidente di Regione Liguria, Claudio Burlando, sentito in tribunale a Savona nel processo Tirreno Power che vede a giudizio 26 persone per disastro ambientale e sanitario colposo. Nel 2014, nel corso del suo secondo mandato, avvenne il sequestro dei gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure da parte della Procura savonese. A Burlando è stato chiesto conto delle decisioni della sua giunta, che approvò un cospicuo innalzamento dei limiti emissivi e la copertura dei parchi carbone.
"Di sicuro non abbiamo mai autorizzato limiti non conformi alla legge - ha detto in aula - e posso confermare di non aver mai interferito con queste decisioni. Mi fidai della dirigente Gabriella Minervini, persona competente e cristallina. Limiti decuplicati? Ci saranno state delle ragioni tecniche, non abbiamo mai pensato di 'agevolare' nessuno".
Sulla copertura dei carbonili: "Un amministratore pubblico deve conciliare lavoro, ambiente e salute facendo scelte, nell'ambito della legge, più equilibrate possibile. Sarebbe meglio non avere centrali a carbone, ma a quel punto avremmo un problema con la produzione di energia. La copertura dei parchi carbone appariva come necessaria per salvaguardare ambiente e occupazione: era un 'must', e fin da subito abbiamo chiesto che fosse un intervento radicale e non un 'tapullo'".
Burlando ha inoltre ricordato la propria contrarietà invece alla realizzazione di un nuovo gruppo mantenendo i vecchi: "Il Governo diede l'assenso, noi no. Così dissi a Rodolfo De Benedetti che proseguire solo con l'ok nazionale contro il parere della Regione sarebbe stato complicato".
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