Nell'ultimo mese polizia e carabinieri hanno assistito a un aumento delle rapine da parte di gruppetti di minori e neo maggiorenni a Genova. "Sono almeno due colpi alla settimana" spiega una qualificata fonte investigativa. Si tratta in particolare "di gruppi di massimo tre persone, nordafricani, spesso migranti ospiti in centri per minori non accompagnati". La tecnica usata è sempre la stessa: il gruppo adocchia la vittima, la accerchia e la minaccia. Dopo di che si fa consegnare soldi e telefonini. Negli ultimi giorni però alle minacce si è aggiunta l'aggressione fisica. Episodi che si verificano soprattutto in periferia dopo che i carabinieri hanno aumentato i controlli nel centro storico.
La squadra mobile invece indaga sull'assalto all'ex ostello della gioventù del Righi, a Oregina. Due settimane fa un gruppo di 30 persone, incappucciate e armate di pietre e bastoni, ha cercato lo scontro con i minori ospiti del centro. L'assalto sarebbe stato un raid punitivo contro gli stranieri che avrebbero danneggiato auto e derubato alcuni residenti del quartiere.
"Le baby gang - continuano gli inquirenti - sono gruppi spesso estemporanei e non riconducibili a un disegno criminoso organizzato ma più spesso a un malessere diffuso che sfocia nella commissione di reati".
Procuratore Pinto: cresce disagio in città più che la repressione servono nuove politiche sociali
Fari puntati della procura di Genova sul fenomeno delle baby gang responsabili negli ultimi mesi di una escalation di rapine violente e atti di bullismo nei confronti di coetanei. Lo conferma il procuratore Francesco Pinto che imputa il fenomeno al disagio giovanile e alla mancata integrazione. Per Pinto si tratta di "fenomeni delinquenziali che vanno tenuti sotto controllo e che evidentemente si intrecciano con un crescente disagio nella vita della città". Gli episodi nelle ultime settimane si sono moltiplicati "soprattutto nelle periferie e in parte del centro storico dove probabilmente ci sono meno opportunità di socializzazione e integrazione e riguardano giovani stranieri ma anche italiani". Se la Procura non può far altro che affrontare il fenomeno dal punto di vista penale "è evidente che il problema deve essere gestito in primis con politiche sociali ed educative prima che di repressione", ha concluso.
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