"Il pm in dieci udienze non ha
parlato dell'unico fatto che ha determinato il crollo del ponte
e cioè il difetto di costruzione della pila 9 (quella crollata,
ndr). Nel corso dei lavori, nel 1967, quando venne fatto il
pre-tensionamento dei cavi secondari ha ceduto la grata di 25
centimetri e tutti i cavi che c'erano in cima alla pila 9 si
sono ammucchiati in un unico fascio". Così l'avvocato Rinaldo
Romanelli che assiste due dei 59 imputati nell'udienza
preliminare per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43
vittime).
"Non sono quindi riusciti a inguainarli, a coprirli. E si
sono perfettamente resi conto - ha continuato Romanelli - del
fatto che si era verificato questo problema. I periti dicono che
si sono resi perfettamente conto del problema. Il fatto che
abbiano lasciato i cavi scoperti li ha fatti corrodere dal
secondo dopo la costruzione. Ma questi difetti non erano
visibili esternamente".
All'udienza di oggi ha parlato anche l'avvocato Massimo
Ceresa Gastaldo che assiste tre allora funzionari Spea. Per il
legale i suoi assisiti "non hanno ignorato gli allarmi" e non ci
furono gravi errori nel progetto di retrofitting (il lavoro di
rinforzo delle pile 9 e 10) "perché basato sui documenti forniti
dalla società che faceva le prove riflettometriche".
Sono 59 le persone imputate oltre alle due società. Secondo
l'accusa tutti sapevano che il ponte era malato ma nessuno fece
nulla per ridurre i costi, in modo da garantire maggiori
dividendi ai soci.
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