La nave si chiama Tzarevna, batte
bandiera maltese e non ha italiani nell'equipaggio, ma è della
compagnia Vulcania, della genovese Fratelli Cosulich, ed è
bloccata dall'inizio del conflitto nel porto di Mariupol con un
carico di bramme da portare in Italia. "E' stata colpita da una
bomba che però per fortuna ha fatto pochi danni - spiega Augusto
Cosulich, amministratore delegato del gruppo -. Il problema non
è tanto il bombardamento, il porto è stato abbastanza
risparmiato, ma il mare d'Azov è pieno di mine e non si può
uscire, ci vuole un percorso per uscire. Stiamo cercando,
insieme ad altre 4 o 5 navi che sono lì, attraverso una
petizione inviata al ministero russo, a quello italiano e ad
altri ministeri che riguardano i proprietari delle altre navi,
di ottenere uno spazio per uscire. Vogliamo tutti uscire, anche
perché il nostro equipaggio, una ventina di persone, adesso ha
ancora da mangiare e da bere per un po', ma c'è preoccupazione.
Aspettiamo con fiducia".
L'imprenditore non alza i toni e non perde l'ottimismo, mentre
cerca una soluzione per far rientrare la nave, diretta al porto
di Monfalcone, che porta un carico di bramme d'acciaio, prodotte
dall'ucraina Metinvest, destinate al mercato italiano. "Una
parte è destinata al nostro impianto siderurgico, la Tecnosider,
un laminatoio a San Giorgio di Nogaro dove produciamo 400 mila
tonnellate di lamiere da treno ogni anno e dove la materia prima
proveniva appunto dall'Ucraina - spiega ancora Cosulich -. Ora
dovremo acquistarla altrove. Siamo riusciti a trovarla dal
Brasile, dall'Indonesia e dalla Cina, e per fortuna abbiamo
materiale fino a giugno, ma se arrivasse anche la quantità che
aspettiamo con la nave sarebbe positivo". La guerra in Ucraina,
quindi, per la Fratelli Cosulich colpisce su due fronti, quello
della nave bloccata e dello stabilimento siderurgico. Ma Augusto
Cosulich conta che tutto si sblocchi presto. "Per adesso
dobbiamo aspettare e vedere quando potremo muovere la nave"
commenta.
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