"In quel momento mentalmente ero
qualcun altro. C'era la persona che i miei genitori e i miei
vicini di casa hanno fatto arrivare lì, affamandola per dei
mesi, torturandola psicologicamente". Sono le parole di Alberto
Scagni, l'uomo di 42 anni che ha ucciso sotto casa a Genova la
sorella Alice la sera del primo maggio, espresse durante il
colloquio con il perito del gip.
Scagni, scrive il perito nella relazione, "non ha mai fatto
una propria ricostruzione di come si sia svolto l'omicidio,
negando di averlo compiuto tranne che in due colloqui" dove
afferma di essere mentalmente un altro. Il perito ha consegnato
al giudice la sua relazione ieri dichiarando l'assassino
"seminfermo" e "socialmente pericoloso".
Nel documento, che consentirà all'uomo di ottenere uno sconto
di pena, vengono riportati i colloqui avuti in questi mesi.
Alberto, difeso dagli avvocati Elisa Brigandì e Maurizio Mascia,
ha un atteggiamento "vittimistico" e incolpa i suoi familiari di
averlo messo da parte, di essersi vergognati di lui perché
epilettico. Pessimo il rapporto con il cognato, marito di Alice.
"Mia sorella era succube di lui - racconta -. Se io mi fossi
suicidato i soldi dell'eredità sarebbero andati solo a mio
cognato. Mio cognato non ha avuto il coraggio di uscire dalla
porta e ha mandato lei". Della nonna, che gli aveva regalato
l'appartamento e a cui aveva bruciato la porta il giorno prima
dell'omicidio, dice che lo picchiava quando era bambino. La
perizia verrà discussa il 3 novembre.
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