Una toccante cerimonia ha
accompagnato la posa della pietra d'inciampo in via Mameli 1,
l'undicesima a Genova, dedicata al pediatra ebreo Bruno De
Benedetti che morì nel campo di concentramento di Kaufering,
Dachau, il 31 dicembre del 1944 ad appena 33 anni. La posa è
avvenuta alla presenza dei familiari, accompagnati dall'avvocato
Filippo Biolè, il pronipote che ha scoperto e raccontato la
storia di Bruno, del sindaco Marco Bucci, del prefetto
Franceschelli, della presidente della comunità ebraica genovese
Raffaella Petraroli, di Massimo Bisca presidente Anpi Genova e
del sopravvissuto Gilberto Salmoni. "La tragica storia dello zio
Bruno me l'ha raccontata zia Franca indicandomi un giorno una
panchina in piazza Corvetto dove le era vietato sedersi per le
leggi razziali - ha spiegato l'avvocato Biolè -. Da allora ho
raccolto testimonianze e trovato le lettere che di nascoso
inviava dal campo alla moglie Armanda. Nell'ultima scrisse
'coraggio amata, ritornerò' e mi piace pensare che ora
finalmente con questa pietra Bruno sia tornato".
"Lo scopo della pietra è quello di ricordare - ha
sottolineato Bucci rivolgendosi ai tanti studenti presenti alla
cerimonia. Bisogna sapere cosa è accaduto in passato perché
abbiamo il dovere di non commettere più gli errori già commessi.
E vorrei che di pietre d'inciampo ce ne fossero molte di più. Il
messaggio che mandiamo oggi è che noi non dimentichiamo: Genova
non dimentica".
"Con questa pietra d'inciampo - ha aggiunto il vicepresidente
della comunità ebraica genovese Angiolo Veroli - mi piacerebbe
che la gente potesse ricordarsi che abbiamo sempre la
possibilità di fare delle scelte. Possiamo scegliere da che
parte stare e come agire. Agire contro l'ignoranza, l'
intolleranza e l'indifferenza come ieri e più di ieri".
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