"Nel Preludio il pubblico assiste
alla morte di Violetta che la musica già ci evoca. Lei, vestita
come nel terzo atto, si muove tra spettri e tutta l'opera sarà
per me una sorta di flashback tra la vita e la morte". Lo diceva
otto anni fa Giorgio Gallione presentando al Carlo Felice la sua
lettura di Traviata con le scene di Guido Fiorato.
Quell'allestimento, ripreso poi nel 2018, torna ora nuovamente
sul palcoscenico genovese.
L'appuntamento è per domenica sera (ore 20). Il
sovrintendente Claudio Orazi e il direttore artistico Pierangelo
Conte hanno presentato l'evento assieme agli assessori alla
cultura Simona Ferro per Regione e Lorenza Rosso per il Comune.
Presente il cast guidato dal direttore d'orchestra Renato
Palumbo e dal regista Giorgio Gallione con Carolina Lopez Moreno
(Violetta), Francesco Meli (Alfredo) e Roberto Frontali
(Germont). Orazi ha annunciato che il 29 gennaio grazie
all'interessamento di Ferruccio de Bortoli a Milano verrà
presentato il programma relativo alle iniziative già avviate nei
due anni scorsi e legate al duecentesimo anniversario
dell'approdo dell'opera italiana negli Stati Uniti, un progetto
legato al ricordo del letterato Lorenzo Da Ponte.
Venendo a "Traviata", il senso di morte cui faceva
riferimento il regista Gallione è pienamente condiviso dal
direttore Renato Palumbo, un autorevole esperto del teatro
verdiano: "Sin dal Preludio si sente la morte di Violetta -
spiega -. È un'opera apparentemente semplice nella sua
drammaturgia, eppure estremamente complessa per la forza e
l'intensità del personaggio ispirato a una figura reale".
L'opera è del 1853. Nel 1847 era morta a soli 23 anni Marie
Duplessis, pseudonimo di Alphonsine Rose Plessis, la più celebre
cortigiana francese del primo Ottocento. Di umili origini, ma di
notevole intelligenza e intraprendenza, era entrata nell'alta
società parigina, diventando una fra le donne più ammirate e
amate del suo tempo. Fece scalpore la sua relazione con Dumas,
prima e con Liszt dopo così come suscitò scandalo il rapporto
con il principe Agenor de Gramont e con il conte Edouard de
Perragaux che la sposò nel 1846. "Nel 1848 - ricorda Palumbo -
Dumas la mise al centro del suo romanzo, nel 1852 ne ricavò un
dramma e l'anno dopo Verdi, anche in chiave autobiografica, le
dedicava questo capolavoro che era di un'attualità straordinaria
e che mantiene tuttora la sua carica di attualità".
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