(di Igor Greganti)
Non si placa la bufera giudiziaria che da mesi ormai si è abbattuta sui lavori per l'Esposizione Universale che prenderà il via tra meno di sette mesi. E salgono a quota tre i manager o gli ex manager di Expo arrestati, mentre anche un secondo appalto rischia il commissariamento. E se a maggio era finito in carcere l'allora responsabile dell'Ufficio contratti, Angelo Paris, stamattina sono stati posti ai domiciliari Antonio Acerbo, fino a pochi giorni fa responsabile del Padiglione Italia, e il "Facility manager" Andrea Castellotti. Con loro è stato arrestato anche Giandomenico Maltauro, cugino dell'imprenditore Enrico Maltauro e "sua longa manus".
Così, mentre la Procura di Milano ha già chiesto il processo con rito immediato per il primo troncone dell'inchiesta su Expo, quello sulla cosiddetta "cupola degli appalti", anche nel secondo filone, emerso a settembre con l'informazione di garanzia inviata ad Acerbo e una serie di perquisizioni da parte della sezione pg della Gdf, si è arrivati alle misure cautelari.
Acerbo, stando alle indagini dei pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio coordinati dal procuratore Edmondo Bruti Liberati, come responsabile unico del progetto "vie d'acqua sud - canale e collegamento Darsena-Expo/Fiera" del valore di oltre 42 milioni di euro avrebbe creato un bando ad hoc. E poi da presidente della commissione aggiudicatrice della gara la avrebbe fatta vincere, nel luglio del 2013, ad una cordata di imprese capeggiata dalla Maltauro spa e di cui faceva parte anche la Tagliabue spa. Appalto truccato, secondo l'accusa, in cambio di una "remunerazione" costituita da contratti di consulenza in favore del figlio Livio (indagato per riciclaggio), pagati dalla Maltauro o promessi dalla Tagliabue. Giandomenico Maltauro, "consulente commerciale" dell'impresa, e Andrea Castellotti, ex manager della Tagliabue e poi portato da Acerbo in Expo senza "alcun procedimento di selezione", sono accusati di corruzione e turbativa d'asta. Stessi reati contestati nell'ordinanza ad Acerbo, anche indagato per rivelazione di segreto d'ufficio e che, dopo le perquisizioni di metà settembre, si è prima dimesso da sub-commissario di Expo e poi qualche giorno fa si è autosospeso da tutti gli incarichi.
Mosse che, però, non hanno convinto il gip Fabio Antezza: Acerbo, scrive il gip, risulta ancora "Direttore Construction e Rup" per il "Padiglione Italia", perché non sono "rilevanti", ai fini delle esigenze cautelari, "dimissioni non ancora accettate" o "sospensioni o addirittura semplici autosospensioni". Nell'ordinanza il giudice evidenzia la "straordinaria capacità di 'gestione degli affari illeciti'" dell'ex sub commissario e i suoi rapporti con Castellotti, il quale, "dopo aver lavorato per la Tagliabue spa" mentre veniva turbata la gara per le 'vie d'acqua', "nel marzo" scorso ha ottenuto "con procedura non concorrenziale, incarichi" in "Expo 2015 spa". Acerbo, in sostanza, avrebbe cucito addosso la gara per la Maltauro (per Enrico Maltauro, già arrestato nel primo filone, il gip ha negato un nuovo arresto) e per la Tagliabue. Gara vinta con un ribasso del 23% e privilegiando nei metodi di valutazione il "profilo tecnico rispetto a quello economico".
L'ex responsabile del Padiglione Italia, inoltre, avrebbe girato alla Maltauro informazioni "riservate" sul progetto, come aveva già fatto per la gara sulle 'Architetture di servizio'. In un'intercettazione l'ex manager Paris, parlando con il direttore dei lavori Expo Carlo Chiesa, definiva Acerbo una sorta di "luogotenente" di Maltauro. Tanto che, quando le "proteste dei comitati 'no canal'" spinsero alla variazione del progetto, Acerbo si sarebbe mosso "personalmente" per un "aiuto". In cambio la Maltauro, secondo l'accusa, stipulò nell'aprile 2012 un contratto di consulenza ("schermo fittizio", secondo l'accusa) da 36 mila euro con il figlio di Acerbo, il quale, tra l'altro, aveva chiesto "una somma di denaro dieci volte superiore", circa 300mila euro. Acerbo ottenne poi "l'impegno" della Maltauro a far entrare nella cordata anche la Tagliabue. Sul punto pesa la confessione a verbale dell'ad di quest'ultima società, Giuseppe Asti. Il manager, a verbale, ha raccontato che promise di adoperarsi "quanto prima per trovare 'qualcosa da fare' al ragazzo", ossia al figlio di Acerbo, ma dovette rinunciare perché era privo "di qualsiasi tipo di professionalità". Nei prossimi giorni si terranno gli interrogatori di garanzia.
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