(di Stefano Rottigni)
La Procura dei minori di Milano ha avviato l'iter per stabilire l'adottabilità del figlio di Martina Levato, venuto alla luce l'altra notte alla clinica Mangiagalli, dove ancora si trovano madre e figlia ma separati, per decisione del pm minorile. La studentessa della Bocconi, condannata a 14 anni per aver deturpato con l'acido il viso del suo ex Pietro Barbini e sotto processo per altri episodi, rimarrà in ospedale ancora qualche giorno, piantonata da un agente in borghese, il neonato nella stessa struttura.
Nel frattempo, la giustizia minorile farà il suo corso: sarà notificata ai legali della famiglia la fissazione di un'udienza in cui si discuterà la richiesta del pm Annamaria Fiorillo e l'avvocato Laura Cossar farà presente la disponibilità dei nonni materni a prendersi cura del piccolo (che la coppia vorrebbe chiamare Achille), cercando di scongiurare l'adozione presso un'altra famiglia. Alexander Boettcher, il broker padre del bambino e condannato come la Levato a 14 anni di carcere, dovrà invece riconoscere il piccolo per poter aver titolo a dire la sua nel procedimento. Sua madre, Patrizia Ravasi, ha già incaricato l'avvocato Valeria Barbanti che, però, non potrà muoversi fino a quando non avverrà il riconoscimento che Boettcher ha detto in passato di avere intenzione di fare. La decisione di separare madre e figlio ha profondamente segnato i genitori di Martina e la madre del broker.
"Oggi vogliamo solo pensare al bene del bambino e di Martina", ha spiegato la madre della giovane mentre il padre Vincenzo qualche ora dopo il parto si era lasciato andare a un doloroso sfogo: "E' stata un'atrocità vedere quel bambino portato via dalla madre. Nessuno poteva toccarlo, quasi fosse un appestato - aveva detto tra le lacrime - Abbiamo cercato di spiegarle che si tratta di un provvedimento provvisorio, perché i giudici devono ancora decidere - racconta -, ma la notte scorsa quel bambino è stato portato via senza dirle una parola. Noi eravamo a distanza, dietro un vetro. Non capivamo: e' stato mostruoso, un dolore indicibile". Un fatto che l'Unione delle Camere penali definisce "una vergogna di Stato","una pena inflitta a una donna supplettiva e non prevista da alcuna norma".
A difendere la scelta "presa, come deve essere, nell'unico interesse del minore" è il pm Annamaria Fiorillo, la stessa che, sempre da pm di turno, si occupò della vicenda dell'allora minorenne Ruby. Di nuovo nell'occhio del ciclone. Nel suo ricorso il pm fa riferimento alla perizia psichiatrica depositata alla nona sezione penale che ha condannato la Levato e Boettcher per l'aggressione a Barbini. Gli psichiatri avevano escluso qualsiasi forma di incapacità di intendere e di volere, anche parziale dei due e descrivevano Martina Levato come una donna con una personalità con tratti "borderline": sarebbe stata proprio lei, a detta degli psichiatri, ad accollarsi il compito di agire e, quindi, di lanciare l'acido contro Barbini. La separazione dal bambino, è stata necessaria dunque, spiega Fiorillo, affinché i giudici "prendano le loro decisioni nell'assenza di condizionamenti derivanti da aspettative" da parte delle persone coinvolte.
Parole confortate dall'opinione di Giuseppe Magno, già direttore del Dipartimento sulla Giustizia minorile del ministero della Giustizia. "Non giudico negativamente la scelta fatta, al contrario la ritengo inevitabile", ha spiegato Magno, secondo il quale, se i fatti fossero accertati, i due imputati avrebbero dimostrato "mancanza di rispetto per il prossimo" e non denotando "un particolare equilibrio psico-affettivo". Per questo, in casi simili, "la prima cosa da fare è un'operazione chirurgica di distacco, per limitare i danni al bambino".
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