Un uomo, Stefano Binda, è stato arrestato per l'omicidio di Lidia Macchi, la studentessa trovata morta in un bosco in provincia di Varese nel 1987. L'arresto, dopo quasi trent'anni dal fatto, è stato eseguito dalla Squadra Mobile di Varese su disposizione del gip di Varese e su richiesta del sostituto pg di Milano, Carmen Manfredda. L'arrestato è un ex compagno di liceo della vittima. "Sono tranquillo, non c'entro nulla, aspetto che tutto si chiarisca", ha detto l'uomo ora in carcere a Varese al proprio avvocato.
L'uomo avrebbe prima violentato la ragazza e poi l'avrebbe uccisa perché sarebbe stato convinto che lei si era concessa e che non avrebbe dovuto farlo per il suo "credo religioso". E' quanto emerge dalla indagini che hanno portato all'arresto. Sia l'uomo che la vittima frequentavano ambienti di comunione e liberazione e avevano studiato allo stesso liceo.
Lidia Macchi era stata uccisa il 7 gennaio 1987 con 29 coltellate. Era andata a trovare una amica ricoverata all' ospedale a Cittiglio (Varese) e non era più tornata a casa. Il suo omicidio aveva fatto clamore anche perché dalla data della sua scomparsa, genitori, amici, compagni di Cl e forze dell' ordine l'avevano cercata ovunque fino al ritrovamento del suo corpo due giorni dopo, in un bosco. Lidia Macchi aveva vent'anni ed era studentessa di legge alla Statale di Milano, e capo guida scout nella sua parrocchia di Varese. I genitori hanno sempre chiesto che venisse scoperta la verità.
L'arrestato inviò una lettera - L'uomo arrestato sarebbe colui che il 9 gennaio dell'87, giorno dei funerali della ragazza, avrebbe inviato una lettera anonima a casa della famiglia Macchi intitolata 'In morte di un'amica' che conteneva riferimenti impliciti e inquietanti all'uccisione della giovane.
L'uomo arrestato su disposizione del gip di Varese, Anna Giorgetti, è accusato di omicidio volontario aggravato. L'inchiesta sulla morte della ragazza era stata riaperta nel 2013 dal sostituto procuratore generale di Milano, Carmen Manfredda, che aveva avocato le indagini prima coordinate dalla Procura di Varese. Nell'ambito della nuova inchiesta il sostituto pg aveva anche archiviato la posizione di un religioso che conosceva all'epoca la ragazza e che era rimasto sempre formalmente sospettato, prima dell'archiviazione. Inoltre, l'inchiesta milanese aveva portato anche ad indagare su Giuseppe Piccolomo, già condannato all'ergastolo per il così detto delitto 'delle mani mozzate', avvenuto sempre in provincia di Varese. Una perizia sui reperti ritrovati sul corpo e sull'auto di Lidia Macchi, però, ha portato nei mesi scorsi a scagionare Piccolomo. Negli ultimi giorni la svolta nell'inchiesta, attraverso una serie di testimonianze e riscontri, che ha portato all'arresto di stamattina.
L'autodenuncia in un'agenda - "Stefano è un barbaro assassino". Sono le parole scritte in un foglio trovato dentro un'agenda rinvenuta a casa di Stefano Binda, l'uomo arrestato oggi per l'omicidio di Lidia Macchi, uccisa nel 1987. La "grafia" del foglio "risulta ascrivibile allo stesso Binda". E' quanto si legge nell'ordinanza di custodia cautelare.
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