Solo una decina di giorni prima di morire Imane Fadil, una delle testimoni chiave del processo sul caso Ruby, aveva rivelato ai medici dell'Humanitas, dove era ricoverata in gravi condizioni, di temere di essere stata avvelenata. E' quel che risulta all'ANSA in base alle cartelle cliniche che la Procura ha sequestrato il primo marzo, giorno in cui la modella marocchina di 34 anni è morta a causa, come risulta dagli esiti degli esami tossicologici eseguiti in un centro specializzato di Pavia, di un mix di sostanze radioattive.
Il Centro Antiveleni dell'Irccs Maugeri di Pavia, che si è occupato del caso di Imane Fadil, la testimone chiave del processo Ruby morta il primo marzo all'Humanitas dopo un mese di agonia, "non identifica radionuclidi e non effettua misure di radioattività". Lo precisa Carlo Locatelli, il direttore del Centro Antiveleni dell'Istituto Scientifico.
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