/ricerca/ansait/search.shtml?tag=
Mostra meno

Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Omicidio Macchi: Avvocatura di Stato, stop al risarcimento a Binda

Omicidio Macchi: Avvocatura di Stato, stop al risarcimento a Binda

Impugnata la decisione della Cassazione sull'ingiusta detenzione

VARESE, 03 ottobre 2024, 19:42

Redazione ANSA

ANSACheck
- RIPRODUZIONE RISERVATA

- RIPRODUZIONE RISERVATA

È infinita la vicenda giudiziaria di Stefano Binda, di Brebbia (Varese), arrestato nel 2016 con l'accusa di aver assassinato 30 anni l'ex compagna di liceo Lidia Macchi, e poi assolto definitivamente con la più ampia formula possibile (per non aver commesso il fatto), ma detenuto in carcere da innocente per tre anni 6 mesi e 40 giorni.
    L'Avvocatura dello Stato ha impugnato la decisione della Cassazione bloccando il risarcimento che gli era stato riconosciuto.
    Dopo la piena assoluzione Binda ha chiesto di essere risarcito per l'ingiusta detenzione subita. Ottenendo un primo riconoscimento, pari a 303mila euro, dalla Corte d'Appello di Milano. Sentenza impugnata davanti alla Cassazione dalla Procura generale di Milano. Lo scorso 23 settembre la massima Corte ha riconosciuto a Binda un risarcimento pari a 212mila euro attribuendogli una "colpa lieve" nella sua condotta processuale.
    La Procura generale di Milano, nella sua impugnazione, aveva sempre sostenuto che "con i suoi silenzi" Binda avrebbe "contribuito all'errore sulla sua carcerazione" e che "la condotta mendace" negli interrogatori fu una "condotta fortemente equivoca". E sosteneva, dunque, che non avesse diritto ad indennizzi.
    Binda, in realtà, aveva subito parlato per quasi 8 ore davanti al Pm dichiarandosi innocente e fornendo anche un alibi (poi confermato in dibattimento): mentre Lidia Macchi veniva massacrata con 27 coltellate lui si trovava a Pragelato (Torino) insieme ad altri ragazzi in una vacanza organizzata da Comunione e liberazione. Con la recente sentenza della Cassazione la vicenda pareva conclusa.
    L'Avvocatura dello Stato, però, ha impugnato la decisione della massima Corte, bloccando il risarcimento riconosciuto. Al momento non si sa se anche la Procura generale di Milano intenda impugnare il provvedimento della Cassazione. Certo è che domani gli avvocati difensori di Binda, Patrizia Esposito e Sergio Martelli, depositeranno a loro volta un ricorso contestando il punto relativo alla "lieve colpa" che per i difensori è totalmente inesistente.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza