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In evidenza
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Non l'arte contemporanea in dialogo
con il mondo etrusco ma la scultura ottocentesca: la Fondazione
Rovati di Milano cambia (leggemente) prospettiva e dedica da
domani al 16 febbraio una mostra alle sculture di Lorenzo
Bartolini, cresciuto artisticamente a Parigi, allievo di David,
legato ad Ingres, che al suo ritorno in Toscana, grazie al
favore napoleonico, fu nominato direttore dell'Accademia di
Carrara.
L'idea della mostra, ha spiegato il curatore Carlo Sisi,
direttore dell'Accademia di Belle arti di Firenze "è nata da due
opere antiquariali: una approdata agli Uffizi" ovvero il
ritratto di Carlotta Barbolani di Montauto, "e una rimasta
all'antiquario", La carità, monumento domestico della più grande
Carità educatrice che Ferdinando III mise nella sala dell'Iliade
di Palazzo Pitti dove ancora si trova. Entrambe sono ora il
cuore dell'esposizione che si intitola 'il volto e l'allegoria'.
perché questi sono i due filoni che vengono esplorati dell'opera
di Bartolini, uno dei massimi esponenti del purismo.
Proprio La carità apre la mostra allestita nel piano nobile
della fondazione. Figura di donna con una ciocca di capelli
caduta lungo il collo e una spallina dell'abito calata perché è
attenta non a sé ma al bimbo appena allattato che tiene con un
braccio, mentre con l'altro invita a studiare il bambino un poco
più grande.
Una allegoria dell'educazione ma anche della società di
Firenze all'epoca della restaurazione riassumibile nella formula
'tutti bene ma tutti al loro posto', ha sintetizzato Sisi,
quindi con ben chiaro nella mente le differenze sociali. Alla
Carità educatrice è anche dedicata una sala con un calco in
gesso del volto col bimbo messo accanto alla copia della Madonna
del Granduca di Raffaello realizzata da Antonio Meucci, a
sottolinearne le analogie, un quadro di Domenico Caligo del
1863-4 della sala dell'Iliade di Palazzo Pitto con l'originale
della Carità.
Ai ritratti invece è dedicato l'allestimento nello Spazio
Bianco: busti in marmo o gesso di donne con le loro complesse
acconciature. L'atelier di Bartolini non era solo un luogo di
lavoro ma di conversazione. L'artista aveva modo di conoscere le
persone che ritraeva (a farsi ritrarre arrivarono personaggi di
fama come Rossini e Listz) e cercava così di farne trasparire i
tratti caratteristici, pur nel modo migliore possibile. Mentre
Canova idealizzava le figure rifacendosi alla classicità "per
Bartolini - spiega Sisi - il bello non è ideale ma relativo:
tutto ha il suo bello. Spiazzò gli allievi dell'Accademia
portando un gobbo, ma dicendo loro che era il gobbo più bello
che vi fosse". Non manca un riferimento alla contemporaneità,
nella fondazione dove opere di Warhol e Lucio Fontana sono
accostate a reperti etruschi. E' stato infatti commissionata a
Sergio Roger un'opera ispirata a Bartolini, una testa di Dioniso
San Michele realizzata utilizzando lino antico.
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