Massimo 'Max' Fanelli, il 56enne malato terminale di Sla morto nell'ospedale di Senigallia per un aggravarsi delle sue condizioni, era nato a Rimini e aveva vissuto tra Emilia Romagna, Marche e Veneto. Una vita 'normale' fino a quando, nel 2013, non è insorta la malattia, che lo ha portato a combattere con tutte le sue forze, sostenuto dal comitato #iostoconmax, per colmare il vuoto legislativo in tema di fine vita, diventando il paladino dei diritti civili.
Una laurea in Psicologia sociale all'università Bicocca di Milano e un master all'università di Urbino gli danno il pass per una multinazionale dove lavora per 28 anni, gran parte dei quali come dirigente nel settore vendita, formazione e gestione risorse umane. Poi il volontariato: prima con Emergency, poi in un centro per minori a rischio devianza sociale; infine nel 2011 arrivano I Compagni di Jeneba, la onlus di cui è stato presidente e fondatore che si occupa della tutela dei minori, soprattutto in Sierra Leone. Nel 2012 si sposa con Monica Olioso. L'anno dopo si ammala di sclerosi laterale amiotrofica, una patologia neurodegenerativa, che comincia a dare i primi gravi effetti, immobilizzandolo a letto. Per tre anni Max ha lottato con ogni forza per una legge sul fine vita che deve ancora essere discussa dal Parlamento ed è diventato simbolo di una battaglia condotta con passione e lucidità. Ieri le sue condizioni si sono aggravate ed è stato ricoverato nel reparto di rianimazione dell'ospedale civile di Senigallia, dove è morto. Oltre alla moglie Monica, lascia due figli: Andrea e Matteo, studenti universitari. A loro e ai tanti amici sono giunti moltissimi messaggi di cordoglio attraverso lettere, sms, post sui social network. I funerali si terranno domani, con rito civile, nell'auditorium San Rocco di Senigallia.
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