Raid "programmati per depredare" (di collanine e altri oggetti) in discoteca giovanissimi, individuati in precedenza, non gesti "da balordi di una serata ma eseguiti con metodo e con continuità". Le parole del sostituto procuratore generale Ernesto Napolillo, nel processo in Corte d'assise d'appello ad Ancona contro sei giovani, del Modenese, della cosiddetta "banda dello spray" per la strage nella discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo. Nella requisitoria, l'accusa ha ribadito la richiesta di riconoscere anche il reato di associazione per delinquere agli imputati, non attribuito nel giudizio in primo grado in cui furono erogate pene tra i 10 e i 12 anni 4 mesi di carcere in abbreviato.
L'udienza, iniziata da quasi tre oltre ore, è ancora in corso.
Le altre accuse vanno dalle lesioni, furti con strappo e rapine all'omicidio preterintenzionale (lesioni volontarie da cui è seguito il decesso). Quanto alle pene, ha chiosato il sostituto pg, "non sono severe quelle inflitte in primo grado", considerando le sei persone morte (cinque minorenni e una madre 39enne) e circa 200 rimaste ferite" nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 2018, dopo il fuggi fuggi dal locale a seguito spruzzi di spray al peperoncino. Il tribunale aveva riconosciuto "l'accordo tra gli imputati ma non la natura dell'associazione" prospettata dall'accusa ha ricordato Napolillo che ha definito i fatti "gravi e odiosi"; ha ripercorso gli accadimenti di quella sera e le intercettazioni anche ambientali per 'definire' la personalità degli imputati. "Dopo la mattanza di quell'anno - ha osservato -, sappiamo tutto di quello che hanno fatto, perché nei mesi successivi hanno continuato come prima, come se nulla fosse accaduto". In un colloquio carpito mesi dopo, ha osservato il pg, uno degli imputati dice che lo "spray va di nuovo di moda, l'hanno dimenticato". "No - ha osservato il rappresentante dell'accusa, che non ha quantificato le richieste di condanna - nessuno l'ha dimenticato...".
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